sabato 13 novembre 2010

Senza Jesse e senza Ogembo

Come gia’ comunicato in precedenza Jesse e’ ricoverato presso un altro ospedale e le sue condizioni generali ancora destano preoccupazione. Non si e’ giunti ad una diagnosi precisa che causi le sue problematiche. Naturalmente preghiamo per lui e siamo preoccupati. Dal punti di vista del servizio, sentiamo la sua mancanza.
Per fortuna la sua assenza e’ al momento completamente e degnamente coperta dalla presenza dell’anestesista di Catania Gina. Il problema e’ che non sappiamo quando Jesse potra’ riprendere servizio, e temiamo di essere srovvisti di anestesista alla partenza di Gina.
A questo si aggiunge il fatto che anche il dott Ogembo da ieri e’ in ferie fino al 27 dicembre. Avevo avuto una speranza di sostituzione da Materi, ma poi tutto e’ sfumato nel nulla: aspettavo infatti un medico internista con grande esperienza d’Africa che avrebbe potuto fare il lavoro di Ogembo (comprese le ecografie), ma le sue condizioni di salute hanno fatto si’ che la sua esperienza a Chaaria non potesse poi materializzarsi.
Il Dott Pierantonio Visentin e’ in Italia, e, per motivi indipendenti dalla sua volonta’, prolunghera’ l’assenza da Chaaria fino al 25 novembre.
Per cui di nuovo e’ tempo di tirarsi su le maniche e lavorare con accanimento. Certamente da domani dovro’ essere un po’ meno presente in sala operatoria con gli Italiani, per poter coprire il flusso dei pazienti esterni che normalmente sono visti da Ogembo e da Pierantonio.
Come sempre, l’impressione e’ quella di non potercela fare. Si ha spesso la sensazione di soffocare, soprattutto al mattino quando pare che la giornata sia troppo pesante per affrontarla... poi, pian piano, paziente dopo paziente, si arriva a notte inoltrata, e verso le 23 si ha la speranza di andare a letto, con l’augurio di non essere chiamati per un urgenza... e di non aver fatto troppi errori.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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