venerdì 31 dicembre 2010

Buon Anno da Wendy

Oggi pomeriggio, 31 dicembre 2010, sembravano finite le visite ambulatoriali e invece ce n’è stata ancora una, l’ultima dell’anno. E’ entrata Wendy, 4 anni, accompagnata dai genitori che mi hanno dato una lettera di accompagnamento di Ndugu Zangu, la comunità di Oldonyiro che accoglie i bambini operati al cuore a Khartoum. E’ stata la prima, fra i sette bambini di Chaaria, che si è ripresentata nella Missione dopo l’intervento. Non la conoscevo, era stata visitata e selezionata da Fr. Beppe, oggi assente per impegni istituzionali. Era uno dei casi più difficili, una cardiopatia congenita complessa con coartazione aortica e stenosi polmonare.  Lungo la parete toracica anteriore porta la cicatrice dell’intervento, ma ora respira bene, non ha più i problemi descritti nella relazione clinica. 
Ha trascorso un mese a Khartoum per l’intervento e la riabilitazione (le cure sono gratuite), quindi una settimana a Oldonyiro per l’informazione e l’educazione ai genitori, infine il 20 dicembre è tornata a casa. Nei giorni scorsi ha avuto un po’ di febbre così l’hanno portata per un controllo. Proprio un bel modo per finire l’anno. Proprio un bell’augurio di speranza per l’anno nuovo, che Wendy sarebbe contenta di sapere esteso ai lettori e a quanti hanno contribuito a sostenere le spese del suo viaggio.

Pierantonio Visentin
Chaaria


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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