sabato 22 gennaio 2011

Un giorno speciale per me

Oggi compio 49 anni. E’ strano, ma non me li sento. Mi pare di ragionare ancora come un trentenne. Forse i giovani Fratelli e volontari mi sentono un “Matusalemme”, ma onestamente non ne ho la percezione.
Ringrazio Dio per quanto mi ha donato in questi quasi cinquant’anni di vita, e gli chiedo la grazia di tenermi sempre una mano sulla testa, affinche’ io non faccia cavolate e non perda mai la strada.
Lo so che e’ sempre possibile rovinare in un momento quanto si e’ costruito in decenni; per questo ritengo di avere un gran bisogno della misericordia e della grazia di Dio.
Lo prego tutti i giorni che mi conceda il dono della perseveranza vocazionale fino alla fine e fino alle estreme conseguenze... anche quando costa molto.
Gli chiedo di “rimotivarmi” quotidianamente nella volonta’ di essere un servo dei poveri che non si risparmia e che si dona giorno e notte, riconoscendo in chi soffre la persona di Gesu’ Cristo.
Non sara’ importante che mi rimangano altri 50 anni da vivere! L’importante sara’ di vivere ogni giorno come servizio incondizionato e come donazione al prossimo.
Grazie a tutti per gli auguri e per l’amicizia.
Oggi sono anche molto felice perche’ la volontaria plurirecidiva Rosella e’ riuscita a convincere la mia mamma a tornare ancora una volta a Chaaria. E’ un bel dono che Rosella mi ha fatto per il mio compleanno. Ringrazio di cuore anche Pietro e Fiorella che si sono presi l’incarico di “imbarcare” mia madre a Milano.

Fr Beppe Gaido

1 commento:

Anonimo ha detto...

...altro che Matusalemme...a vedere la tua grinta e la tua costante voglia di fare ci si domanda dove tu nasconda il segreto di tale forza da ventenne.... Una preghiera perchè il Signore continui a donarti il codice di questo segreto....! AUGURI FRATEL BEPPE!!!!!!!!!!!!


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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