venerdì 2 dicembre 2011

Sandra Mwendwa

Carissimo Ugo, Come vedi non mi sono dimenticata di te, e tutti i giorni prego il mio angelo custode per te, e gli dico di ripagarti per tutto l’aiuto che mi dai con la adozione a distanza.
Mia mamma Colline ti saluta e ti ringrazia sinceramente. 
Ha trovato un lavoretto come baby sitter a Nairobi, ed io sono ospite insieme a lei della famiglia per cui mamma lavora. 
Siamo pero’ venute a Chaaria brevemente la settimana scorsa, ed abbiamo portato le foto a Fr Beppe, che mi ha promesso di mandartele. 
In quella piu’ grossa non ti guardo, ma non e’ che sono timida... e’ che ancora non riesco a sopportare la luce del flash. 
In quella piccolina ero insieme al bambino dell’altra famiglia, ed i genitori hanno voluto che il loro bambino non apparisse. 
Ecco perche’ la foto e’ cosi’ piccola: e’ stata tagliata! Ma almeno hai potuto vedere i mei occhietti. 
A proposito: ti piace la mia acconciatura? Lo sai che ora sono capace a camminare ed anche a parlare? Vero che sono brava! Ricordati che ti voglio bene, e che quello che fai per noi non ce lo dimenticheremo mai. 
Non so quando torneremo a Chaaria la prossima volta, ma sicuramente faro’ in modo di mandarti un’altra foto appena ci ripassiamo. 

Sandra Mwendwa 


Da Ugo a Sandra Mwendwa e a Colline Ichilio.
Sandra è bellissima.
Spero che la vita vi sorrida e che Colline non si stanchi troppo.
Mi auguro, soprattutto, che troviate sufficiente affetto nelle persone che vi circondano... questo kiboko grasso e semivekkio vi vuole bene davvero ma è lontano e probabilmente non avrà mai la gioia di vedervi da vicino e di passare un po' di tempo con voi.
Per quel che possono valere, vi ricorda nelle sue (poche) preghiere e vi pensa spesso.... sperando che presente e futuro siano per voi sereni e felici.
Kwaherini (labda)
Ugo kiboko

P.S.: grazie baba Beppe ....grazie


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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