venerdì 2 dicembre 2011

Screening per il carcinoma della cervice

Sta muovendo i primi passi un nuovo servizio, che abbiamo iniziato sotto l'egida dell'organizzazione governativa AFYA PLUS KAMILI. 
Si tratta dello screening per la prevenzione del carcinoma della cervice in donne di eta' uguale o superiore ai 30 anni. AFYA PLUS KAMILI ci ha fornito la necessaria formazione per iniziare, tramite un seminario residenziale che abbiamo appena concluso. 
Ora noi offriamo lo screening ogni giorno feriale (dal lunedi' al venerdi') a tutte le donne che lo richiedono, usando la tecnica della ispezione con acido acetico prima e con colorazione di lugol poi. 
Le donne risultate negative vengono incoraggiate e ripetere lo screening ogni anno. Quelle con test positivo vengono inviate per indagini successive: 
a) se lo screening punta di piu' verso una infezione, si consiglia alla donna lo striscio vaginale, e si tratta la patologia riscontrata, normalmente con antibiotici. 
b) se si diagnosticano lesioni sospette di neoplasia ("acetowhite lesions" o aree non captanti il lugol), si propone il PAP test, che ora facciamo anche a Chaaria. In caso di lesioni sospette per carcinoma o tipiche per carcinoma in situ (CIN1), stiamo facendo un training per poter eseguire la conizzazione a Chaaria... al momento la sta facendo un ginecologo italiano che mi sta insegnando. 
Per forme piu' avanzate di tumore, eseguiamo noi stessi l'isterectomia, o, se la situazione e' troppo avanzata, inviamo la malata al Kenyatta National Hospital per la radioterapia. 
Ci sono inoltre speranze che il Kenya venga presto incluso tra un gruppo di Nazioni Africane in cui si iniziera' la campagna di vaccinazione gratuita contro l'HPV(Human Papilloma Virus), che e' oggi riconosciuto come la causa piu' importante di carcinoma della cervice in Africa. 
La vaccinazione a tappeto avra' certo un impatto molto superiore al nostro screening. 

Fr Beppe Gaido 


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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