sabato 26 aprile 2014

Di nuovo quattro in due giorni

Carissimi amici del blog e di facebook,

oggi avrei voluto scrivervi proprio un bel post, ma mi ritrovo stanchissimo alle 22 a scrivervi queste due righe mentre stanno lavando la sala per l'ennesimo cesareo.
Dopo gli addomi acuti a raffica, ieri e oggi abbiamo avuto una situazione simile con le isterectomie.
Ne abbiamo fatte quattro in due giorni, e tutte di "grande rispetto", con uteri che arrivavano fino al torace.
E' stata dura, sia ieri che oggi, perchè abbiamo avuto anche altri interventi (ernie, idroceli) e naturalmente tanti raschiamenti e cesarei. Inoltre Makena è in ferie e siamo veramente sotto personale in sala.
Sono stati interventi che hanno richiesto una media di due ore e mezza l'uno e che ci hanno riservato anche qualche momento di paura e tensione.



Sono comunque andati bene e solo in un caso abbiamo dovuto ricorrere alla trasfusione post-operatoria.
La ragione per cui tante donne vengono qui è sempre la stessa: "altrove non ce lo potremmo permettere".
Questa risposta ci incoraggia e ci fa sentire nella linea giusta, secondo lo spirito di San Giuseppe Cottolengo... anche se onestamente negli untimi dieci giorni i ritmi sono stati tali che mi sento davvero a pezzi.
A dire il vero mi sento distrutto fisicamente, ma anche molto contento interiormente... adesso corro per l'ennesimo e spero ultimo cesareo.
Pensatemi così: trafelato e felice.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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