mercoledì 4 marzo 2015

Addome acuto da cause iatrogene

Celina ha subito un taglio cesareo nel mese di febbraio in un altro ospedale.
Dopo l’operazione non e’ mai stata bene, ma da due giorni ha notato una progessiva distensione addominale, con febbre alta.
E’ arrivata da noi ieri pomeriggio in pessime condizioni generali: temperatura a 39, brividi ed un addome tesissimo con cute lucida come se stesse per scoppiare. All’emocromo i bianchi erano molto elevati, per lo piu’ neutrofili. All’ecografia si e’ vista solo una grossa cisti dal diametro di 20 cm in ipogastrio.
Considerando la sua anamnesi chirurgica, abbiamo pensato ad una sepsi puerperale, e siamo corsi in sala.
L’intervento pero’ e’ stato molto piu’ difficile del previsto.
 La cisti era circondata da omento che aveva creato una specie di barriera protettiva attorno all’enorme quantita’ di pus, ma aveva anche causato aderenze e torsioni delle anse intestinali.
Ma la cosa che piu’ ci ha stressato e’ stato il fatto di aver trovato alcune anse del tenue suturate per sbaglio alla parete addominale anteriore. L’intestino preso nei punti di sutura era necrotico e non piu’ vitale, e quindi, oltre alla lisi delle aderenze ed al lavaggio peritoneale, si sono rese necessarie due anastomosi termino-terminali sull’ileo.
Quello che e’ successo nell’altro ospedale, e’ una complicazione sempre alle porte, soprattutto quando si sutura peritoneo e fascia insieme: basta che la paziene abbia dato un colpo di tosse mente il chirurgo infilava l’ago! 
La paziente non era occlusa perche’ la sutura intestinale involontaria aveva pizzicato solo una parete, lasciando libero il lume. 



Poi pero’ il buco (forse anche piu’ di uno) ha cretao una piccola deiscenza di materiale fecale che con il tempo ha originato l’ascesso peritoneale, in parte tamponato dall’omento.
Speriamo che la malata sopravviva!
Certo e’ che, con quel marasma di aderenze,  io spero vivamente che, se mai Celina decidesse per una isterectomia, si rivolga ad un altro ospedale...


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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