sabato 20 giugno 2015

Che frustrazione!

Era stata operata cinque giorni fa in emergenza a motivo di una occlusione intestinale.
Le sue condizioni erano pessime già allora.
Abbiamo scoperto che era HIV positiva appena prima di entrare in sala, ma la malata non ne sapeva nulla e quindi non era in terapia antiretrovirale. Questo puntava ovviamente ad uno stato immunitario molto compromesso.
Infatti, anche a vederla in faccia, appariva emaciata, febbrile e molto sciupata, nonostante la giovane età.
In sala abbiamo trovato una situazione molto complicata: le anse del tenue erano enormemente dilatate a causa di un tumore sulla valvola ileo-cecale. Abbiamo dovuto fare una amputazione del cieco ed una anastomosi ileocolica.
Era però risultato impossibile richiudere la parete addominale a causa dell’enorme distensione del piccolo intestino.
Bisognava cercare di mungere il contenuto del viscere verso lo stomaco, dove un sondino nasogastrico lo avrebbe drenato fuori. Durante questa manovra però, il tenue, molto debole a causa della dilatazione, si è improvvisamente perforato e molto materiale fecale ha contaminato la cavità peritoneale. 



E’ stato molto stressante, ma abbiamo lavato con attenzione ed abbiamo risuturato la piccola apertura intestinale in due strati.
Il post-operatorio è stato complesso, con febbricole ricorrenti e con paziente sempre piuttosto giù. Oggi, quando ormai speravo di aver superato la fase più critica, dal drenaggio addominale abbiamo notato abbondante materiale fecaloide.
La malata aveva brividi e febbre alta.
Non abbiamo perso tempo e siamo rientrati in sala con urgenza: abbiamo trovato che l’anastomosi aveva tenuto bene, mentre la sutura della piccola perforazione ileale aveva “mollato completamente”. E’ stato nuovamente un lungo lavoro di pazienza quello di aspirare il materiale fecale, lavare la cavità peritoneale e fare una breve resezione ileale con anastomosi termino-terminale là dove c’era la lacerazione.
Ero contento perchè ci eravamo accorti subito della complicazione e perchè l’operazione si era svolta senza grosse difficoltà.
Poi la giornata è continuata convulsa come se fosse un lunedì ed abbiamo terminato l’ultimo cesareo alle ore 20.
Durante il mio solito giro in reparto del dopo cena, il mio primo pensiero è stato per lei: mi sono diretto speditamente verso il suo letto, ma con sorpresa ho trovato il lenzuolo tirato sulla sua faccia: era successo pochi minuti prima...non ce l’aveva fatta!!!
Sarà stata la peritonite legata alla perforazione? Sarà stata la setticemia secondaria alla deiscenza intestinale di oggi? Sarà stato il tumore o magari l’immunosoppressione?
Chi lo sa! Fatto sta che, nonostante i nostri sforzi e nonostante due interventi chirurgici impegnativi, non siamo riusciti a salvarla.


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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