Una volontaria mi viene a
cercare nel mio studio al termine di una giornata convulsa in cui non c’è stato
il tempo neppure per mangiare.
Sono così stanco che
faccio fatica anche a prestarle attenzione, ma so che è importante che lo
faccia perchè mi sembra un po’ stressata e giù di morale.
Mi espone il suo problema
che è molto semplice: “lavoro tutto il giorno in reparto, ma alla sera mi
sembra di non aver fatto nulla. I bisogni sono così tanti che le giornate
dovrebbero essere almeno di 50 ore per riuscire a fare tutto.
Mi impegno a
fondo, ma alla sera mi pare che i risultati siano modesti e che il livello
dell’assistenza sia sempre basso, nonostante la mia presenza”.
Da una parte comprendo
benissimo quello che questa ragazza prova interiormente: è la sensazione
dell’essere inutili di fronte ad una marea di bisogni che comunque ti
soverchiano ed a cui non riesci a rispondere a causa dei tuoi limiti umani,
psicologici ed anche di reale stanchezza fisica.
E’ una percezione che alberga
sovente anche nel mio cuore, soprattutto quando sono molto stanco e non riesco
ad esprimere un rapporto empatico verso i pazienti...se poi perdo la pazienza e
divento nervoso con loro, allora mi sembra che tutto lo sforzo della giornata
sia stato inutile.
Tento comunque di
imbastire un incoraggiamento, che rivolgo a me, ancor più che a lei.
“E’ vero che la nostra
assistenza è carente in tanti modi e che il livello delle nostre prestazioni
certamente non rasenta neppure lontanamente gli standard europei. Ma è
altrettanto vero che tu lavori dal mattino alla sera per il bene di questi
ammalati! Hai mai pensato che, senza questo tuo impegno e questa tua dedizione,
il servizio da noi offerto sarebbe ancora più carente? Ognuno di noi è
importante e costituisce un tassello importante in quel mosaico stupendo e
complesso che è Chaaria oggi.
Se tu non ci fossi, il nostro servizio sarebbe
certamente più povero. E poi pensa a quello che diceva Madre Teresa di Calcutta
che presto sarà Santa, e se lo merita davvero! Lei ripeteva alle sue suore che
l’oceano è fatto di tante gocce. Se non ci fossero le gocce, non ci sarebbe
neppure l’oceano.
Sforziamoci anche noi di avere questa fede: nessuno di noi ha
la forza di sconfiggere il mistero del male e della sofferenza; nessuno può
sconfiggere la povertà, perchè le povertà si traformano, ma i poveri li avremo
sempre con noi, come ci dice anche Gesù nel Vangelo. Ognuno di noi però può
essere una goccia di amore in questo oceano di sofferenze in cui siamo chiamati
a spendere le nostre energie e la nostra vita.
Saremo solo una goccia, ma la
nostra goccia di amore, unita a quelle di tanti altri, diventa una forza. Poi
le ho ripetuto un altro pensiero di Madre Teresa, che un giorno fu criticata da
alcuni intervistatori che le dicevano: ‘ma lei davvero pensa di risolvere tutti
i problemi di povertà di Calcutta?’ E Madre Teresa semplicemente rispose che
non si sentiva chiamata a risolvere
tutti i problemi di povertà, nè di Calcutta nè del mondo intero. Lei si sentiva
chiamata semplicemente ad amare le persone bisognose che il Signore le faceva
incontrare”.
Alla volontaria ho quindi
detto che questo lo possiamo fare sempre: donarci, sacrificarci, spendere la
nostra vita per gli altri. Forse non riusciremo a quantificare i miglioramenti
da noi apportati in una certa realta, ma certo saremo capaci di amare, e
l’amore sempre trasforma, contagia e fa bene al cuore dei poveri che
incontriamo.
Non conta il tanto o il
poco che facciamo; conta l’amore che ci mettiamo, diceva San Francesco d’Assisi.
Spesso ci sentiamo
inutili, ma è comunque bello andare a letto alla sera stremati e poter dire a
se stessi: non sono stato perfetto; i miei limiti mi hanno fatto sbagliare
tantissime volte, ma di una cosa sono certo: ho veramente dato tutto, fino allo
sfinimento, ed ho sinceramente cercato di amare, così come ne sono stato capace.
Fr Beppe
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