Piove veramente fortissimo. Fa un rumore assordante sui tetti di lamiera, quasi come se fosse un mare in burrasca. Sarà per quello che ieri notte ho sognato che stavo per affogare nel Po, non lontano dal ponte del mio paesello. Ora sono quasi le due del mattino, ma con questo chiasso faccio fatica a prendere sonno.
Abbiamo pregato tanto per le piogge, soprattutto pensando a quelle parti del Kenya dove ormai non c’è più da mangiare a causa del fallimento delle due precedenti stagioni... ed ora le precipitazioni sono arrivate.
Tonnellate d’acqua, come una cascata dal cielo da almeno tre notti consecutive. Qui inizia a piovere in modo quasi incomprensibile: quando vai a letto contempli un cielo mozzafiato, trapuntato da miliardi di stelle lucenti. Magari ti perdi ad osservare una luna piena così luminosa da fare ombra. E poi improvvisamente non qualche goccia, ma milioni e milioni di secchi d’acqua da nuvole che sono apparse dal nulla ed hanno imbronciato il cielo in un baleno. A volte, mentre ancora sei immerso nella contemplazione della stella del Sud che gioca con la mezzaluna, e ti fa pensare a qualche bandiera islamica, avverti un suono d’ acqua scrosciante sulle foglie di qualche bananeto lontano. Questo è il momento di metterti a correre, perchè in un attimo quel rumore diventa sempre più vicino, finché ti trovi nel mezzo di un nubifragio. Spesso di giorno stai guidando e la strada è asciutta. Poi davanti a te, in lontananza vedi un muro nero soverchiato da nuvoloni cupi e minacciosi. Ad un certo punto riesci a scorgere precisamente dove il temporale inizia con una netta linea di demarcazione tra il terreno asciutto e quello inzuppato. E quindi entri nella pioggia di colpo, come se per magia avessi oltrepassato un muro di vetro... e quando sei tra le braccia dell’uragano, solo Dio sa quello che ti succederà.
Anche oggi abbiamo fatto questa esperienza, e ringrazio il Signore davvero che alla fine non è capitato niente di grave.
Sono infatti le 18, e tutto sembra abbastanza tranquillo. Oggi ha piovuto quasi tutto il giorno, ma ora il cielo promette una pausa. Chiedo a Joseph come e’ la strada, e lui mi dice con sicurezza: “non male, se il tempo non peggiora”.
Domando quindi a Max: “cosa dici? Andiamo a quella lezione sul dolore pelvico che si tiene a Meru?”
“Se tu ci vai, io non ti lascio certo da solo!”.
Invitiamo anche Davide, che, studiando Medicina, potrebbe essere interessato all’argomento, ed i giovani Fratelli, i quali si godranno una cenetta fuori mentre noi siamo in classe.
Appena partiti ci rendiamo conto che la strada in effetti non e’ pessima: certo ci sono pozzanghere ed una buona quantita’ di fango, ma la viabilità e’ discreta, quando si riesce a tenere la mezzeria. Infatti sulla strada si sono ormai formate due lunghe rotaie approfondite sempre piu’ dai veicoli passati in precedenza. In mezzo si trova un provvidenziale dosso che ti impedisce di sbandare da una parte o dall’altra finendo nei profondi fossati che fiancheggiano il nostro sterrato.
Il vero problema e’ quando incontri un veicolo che arriva nella direzione opposta: molti sono dei camion o dei “matatu” che non hanno le quattro ruote motrici, e quindi sono molto restii a spostarsi dal centro-strada.
Si tratta di manovre di equilibrismo per non impantanarsi nella profonda fanghiglia dei due lati, ed insieme per evitare la collisione con l’altro automezzo.
Comunque con un po’ di batticuore, arriviamo fino all’asfalto. Max mi dice: “questa e’ una strada da rally, ed e’ davvero possibile rimanerci bloccati o andare fuori. Sembra di guidare sulla neve ghiacciata”.
“Il vero problema poi non e’ tanto quando ci ‘piantiamo’ noi. La difficolta’ maggiore e’ quella di un veicolo che ti blocca la strada sia davanti che dietro, e tu non puoi continuare”, gli rispondo io.
Appena giunti alla statale vediamo le prime gocce di pioggia, e si propone il grande dilemma. Continuiamo o torniamo indietro? Soprattutto i Fratellini che si aspettano la cena sono chiaramente dell’idea che bisogna andare a Meru e che poi si vedra’ il da farsi.
Arriviamo a destinazione ed il gruppo si divide. Con Max e Davide entriamo in aula quando la lezione sta per iniziare. In se’ la presentazione non e’ stata male, ma il vero problema andava crescendo al di fuori delle finestre: abbiamo cominciato a vedere lampi sempre piu’ forti, seguiti da tuoni minacciosi. Poi la pioggia si e’ fatta scrosciante. A questo punto il panico si e’ un po’ impadronito di tutti. Prima che il docente terminasse, chiediamo il permesso di andare, a causa delle possibili condizioni disastrose della strada.
Partiamo sotto un diluvio. Naturalmente nessun problema mentre siamo sull’asfalto. Il difficile inizia a Kariene, quando lasciamo la statale per iniziare i nostri 20 km di incubo. Scendiamo in prima e seconda, con le quattro ruote motrici. La strada e’ sdrucciolevole e si rischia il testacoda, ma si scende bene. Siamo contenti perché ormai mancano solo 6 km, e la meta sembra a portata di mano.
Dico a Max: “ il tratto che ci attende ora e’ molto difficile, perche’ e’ una discesa ripida con un fossato profondo due metri da entrambi i lati”. Metto gli abbaglianti, e con angoscia vedo il profilo maestoso di un grosso autotreno fermo sulla salita a fari spenti. Non ce l’ha fatta ad arrampicarsi. Il camionista ha deciso di lasciarlo nel bel mezzo della strada e di andare a dormire nessuno sa dove. Siamo in mezzo al nulla e non abbiamo alcuna speranza di passare. La strada e’ troppo stretta.
Optiamo per un sentiero secondario in discesa. Le condizioni sono terribili. La macchina e’ sbattuta qua e la’ da onde forti come quelle del mare. Ci infossiamo due volte nel fango, ma riusciamo pian piano a venirne fuori usando le ridotte ed il differenziale. I copertoni puzzano, ma, seppur a passo d’uomo ci stiamo muovendo.
Ad un certo punto pero’ l’auto mi scappa in due fossati profondi e l’albero motore si appoggia su un dosso elevato. Questa volta e’ dura. Le ruote girano a vuoto. Proviamo e riproviamo, sia in avanti che in retromarcia. Siamo imbrattati di fango fino alla punta del naso. Dopo un’ora e mezza non abbiamo concluso nulla.
Non posso lasciare il veicolo in quel posto, se no al mattino non troverei neppure i copertoni. Nella confusione e nella stanchezza della tarda ora (erano intanto passate le 23), decido di far rientrare Max e Davide a piedi, accompagnati da Simon e Godfrey. Infatti e’ possibile che si debba trascorrere la notte in auto, in quanto non ci sono segni di successo nonostante tutti i nostri sforzi di far muovere il pesante gippone.
I volontari spariscono velocemente nel buio fitto e sotto una pioggia battente. Stupidamente non do loro neanche un telefonino ed ora ho paura che possa succedere qualcosa, senza che loro possano chiamarci.
Faccio un altro tentativo. Chiamo al telefono Kimathi e gli dico di venire a prenderci con il trattore della Missione. La risposta e’ ancora una doccia fredda: “il trattore e’ rotto. Oggi si e’ bucato il radiatore”. Sono a corto di idee e sto svenendo dalla fame. Poi Albert e Wilson pensano di andare a cercare qualcuno e di chiedere di prestarci pale, zappe e “machete”, al fine di tentare di rimuovere il terreno che imprigiona l’albero motore.
La spedizione dura a lungo, perche’ non ci sono abitazioni nel vicinato. Poi pero’ tornano vittoriosi: arrivano con gli strumenti richiesti, accompagnati anche da due uomini che hanno accettato di aiutarci, naturalmente a patto di essere pagati. Si lavora alacremente. E’ difficilissimo stare in piedi perche’ il fango sembra sapone e la pioggia continua a scendere; soprattutto ci si vede pochissimo: ci sono si’ i fari della macchina ed una torcia, ma attorno regna il buio totale.
Nel mio cuore sono scoraggiato e penso che sia tutto inutile. Poi con mia sorpresa l’auto fa un movimento di mezzo metro in retromarcia. Questo ci permette di mettere pietroni davanti alle ruote, e con tale aiuto il fuoristrada si impenna e supera l’ostacolo.
I pericoli pero’ non sono finiti, in quanto cinquanta metri a valle ci imbattiamo in un torrente d’ acqua che taglia il sentiero perpendicolarmente e trascina la vettura verso valle. Il pericolo e’ nuovamente grave e stavolta rischiamo di perdere il veicolo completamente. Ci e’ voluto un guizzo del motore e la spinta sulla fiancata laterale di tutti i Fratelli per evitare il peggio: l’auto si e’ quasi ribaltata, ma poi ci siamo trovati nuovamente in strada, e da quel momento il percorso e’ stato difficile ma non impossibile. Abbiamo viaggiato lentamente per evitare nuovi problemi. Lungo il percorso abbiamo trovato Simon, Godfrey, Max e Davide a circa un km dall’ospedale. Ci siamo ricongiunti e così anche le ansie riguardanti la loro sicurezza si sono un po’ placate. Coperti di fango fino alle orecchie, stanchi ed affamati siamo giunti al cancello dell’ospedale all’una di notte... davvero niente male! Pensavo avremmo trascorso la nottata fuori al freddo. Prima di andare a dormire, Davide mi dice: “se sento ancora qualcuno affermare che l’asfalto rovina l’ambiente, gli dico di provare a venire qui nella stagione delle piogge”.
Fr Beppe Gaido