giovedì 22 ottobre 2009

Mi chiamo Raphael…


… e sono ricoverato a Chaaria per una forma grave di malnutrizione (se ti interessa saperne di piu’ sulla mia condizione, prova a cercare sul blog la parola Kwashiorkor).
Sono tutto gonfio ed ho la pelle finissima. La mia faccia sembra una luna piena, ma non sono grasso. E’ tutta acqua che si e’ accumulata nei tessuti. La cute del viso e’ cosi’ imbibita che non riesco neppure ad aprire gli occhi.
Grardate anche le mie mani quanto sono edematose!
Mi hanno massacrato, ma non sono riusciti a trovare una vena nella mie braccia. Alla fine poi ce l’hanno fatta sul mio scalpo. Ora sembro anche un pellerossa, con una siringa sempre piantata all’altezza della tempia.
Tutto questo e’ stato causato dalla mancanza di cibo a casa mia. Non ho comunque fame. E’ come se il mio pancione gonfio fosse cosi’ pieno di liquidi da non lasciare piu’ posto per gli alimenti.
Qui mi danno uova e carne. Mi sforzo di mandar giu’, vincendo il dolore che le ulcere orali mi provocano.
Dicono che ci vorranno molti mesi ma che poi dovrei ritornare normale come gli altri bambini della mia eta’... ah, dimenticavo: ho tre anni.
Pregate per la mia guarigione. Certe medicine fanno schifo e sanno di pesce crudo, ma mi sforzo di prenderle.


Raphael

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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