lunedì 23 novembre 2009

Influenza H1N1

Certamente per noi la febbre suina non costituisce un problema psicologico cosi' grave come quello che si sta verificando in Europa.
Mesi fa, grazie a donatori internazionali, il governo ci ha fornito di materiale iconografico da apporre ai muri dell'ospedale: sono cartelloni che insegnano alla gente come riconoscere i segni iniziali dell'infezione.
Ci sono notizie che i farmaci antivirali sono stati comprati, e le scorte sono sufficienti per una eventuale pandemia. Ma non ci sono campagne vaccinali in corso.
Un paio di mesi fa si era creata una certa fobia, perche' alcune scolaresche venute dall'Inghilterra a scopo di gemellaggio con allievi locali, erano poi state diagnosticate come affette dal virus influenzale. Almeno due secondary schools sono state "quarantenate", ma ora onestamente non ne sentiamo piu' nulla, ed  il livello di ansia sembra scemare pian piano anche tra i pazienti piu' informati, come infermieri ed insegnanti. Non ci sono mai stati morti in Kenya per influenza suina.
Io onestamente non ho mai denunciato alcun caso sospetto. Solo una volta, circa due mesi fa, ho visitato una volontaria slovacca di un'altra missione, che era stata mandata a Chaaria perche' "affetta da influenza suina". I test sono invece risultati positivi per la malaria, e, dopo alcuni giorni di terapia, la spaventatissima volontaria si e' completamente ristabilita. Credo che sia tornata in patria prima del tempo per lo spavento.
Onestamente, almeno per ora, focalizziamo i nostri sforzi su altre malattie, che sono killer reali (e non potenziali), come la malaria, la TBC, le diarree, l'HIV.

Fr Beppe
 

PS: Mentre viaggiavo verso il convegno oggi sono stato abbordato da uno street boy, che, non riuscendo a strapparmi il borsello, mi ha rubato gli occhiali con una "manata". Ho dovuto ricorrere all'aiuto urgente di un ottico, per un paio di occhiali di emergenza, in quanto, senza di essi, non riuscirei nemmeno a leggere le diapositive al convegno.
La prossima volta ci sentiamo dall'Etiopia.

Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....