domenica 20 dicembre 2009

Di male in peggio

Stanotte abbiamo avuto 3 cesarei ed un intervento per peritonite, a distanza di due ore l’uno dall’altro… situazione in sè già molto dura, considerando che siamo sempre gli stessi a lavorare di giorno e di notte. Il dramma si e’ dimostrato ancora peggiore perche’, nel bel mezzo del secondo cesareo, il generatore piccolo ha improvvisamente smesso di funzionare. Ci siamo trovati nel buio assoluto in sala, anche se in corridoio c’era la tenue luce del pannello solare. Ho dovuto chiedere ai miei collaboratori di calmare la donna; di mettere dei teli sterili sulla ferita operatoria, mentre io mi “sguantavo” e camminavo fin sulla collina dove il pannello di controllo del generatore principale si trova.
L’intervento e’ poi andato bene, quando, tornato di corsa, mi sono nuovamente “lavato” ed ho estratto una femminuccia con ottima attivita’ muscolare e respiratoria.
Questo incidente mi ha comunque ulteriormente depresso. E’ pericolosissimo lavorare con il supporto del solo generatore… ed ora la situazione e’ ancor più legata ad un filo. Rimane ora solo l’unita’ autogena principale, che gira per piu’ di diciotto ore al giorno, per pompare acqua, assicurare il funzionamento delle lavatrici, delle sterilizzatrici, delle celle frigorifere in camera mortuaria, delle incubatrici del punto nascita, ecc. Quanto reggerà questo generatore? E se un incidente capitasse nuovamente in un momento dell’operazione che mi impedisse di assentarmi dalla sala, o richiedesse una manovra immediata (per esempio suturare una grossa arteria che sanguina)?
La cosa che mi consuma la testa e’ il fatto che nessuno sa niente di quanto sta capitando, che le linee telefoniche suonano a vuoto, e noi siamo nel limbo piu’ totale sul giorno in cui la connessione potra’ essere ripristinata.
Il generatore piccolo ha un grave danno elettrico, e Fr Lorenzo dovrà portarlo a Nairobi domani.
Oggi a messa il prete ha detto che bisogna fidarsi completamente del Signore, il quale magari ci lascia arrivare al punto estremo, come la vecchia che aveva finito la farina ai tempi del profeta Elia… ma poi interviene in nostro soccorso in modo da non farci crollare. A volte, quando l’evidenza punta tutta verso un disastro imminente, e’ difficile avere questa fede, che ci consente di vedere la luce alla fine del tunnel; ma cercheremo di pregare e di chiedere a Dio la fiducia, che in noi sta un po’ scemando.


Fr Beppe
 


PS. dulcis in fundo, questa sera un enorme mamba nero ci ha sbarrato la strada al ritorno dall’ultimo raschiamento. E’ stato un momento di grande paura, perché, nel buio totale, quasi lo pestavamo. Ma lui è scappato senza preoccuparsi troppo di noi.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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