sabato 29 maggio 2010

Carissima Azalea

… scrivo questa letterina per dirti che ti sono molto grato per aver deciso di sostenermi con la adozione a distanza.
Per il mio cuore di bambino e’ veramente stupendo pensare che ci siano persone che pensano a me anche quando sono lontane, e non mi hanno mai visto.
So che hai la tua famiglia ed i tuoi bambini, ma, nonostante questo, trovi spazio anche per me. Si vede che hai il cuore di mamma!
Come forse saprai, io sono di Meru, e non di Chaaria... ma sovente ci vado perche’ laggiu’ vive la mia nonna nella sua vecchia casetta di legno. A Chaaria ho un cagnolino bellissimo che si chiama Kina’, e che e’ davvero affettuosissimo...
Pure io vivo in una casetta di legno, che pero’ non appartiene alla mia mamma.La affittiamo... ma ora con il vostro aiuto le cose vanno meglio, ed anche economicamente siamo meno “tirati”.
Cara Azalea, io ti conosco, lo sai?
Ho visto le tue fotografie di quando eri a Chaaria durante la tua Universita’ di Scienze Infermieristiche: ora ti mando questa foto, per farti vedere che anche io cresco e divento grande... lo vedi che sono un ometto?
Pensa che mi stanno gia’ cadendo i denti da latte!
Faccio la prima elementare, e sono il terzo nella graduatoria dei voti. Non ce l’ho fatta ad essere il “numero uno”, ma la mia mamma e’ contenta cosi’... e poi lo so che per lei io sono sempre il piu’ bravo.

Evans Murithi



PS: GRAN BRETAGNA.
Nella foto che allego qui di seguito potete vedermi con Kristine, che e’ un po’ il centro del “tifo” londinese per Chaaria.
La foto e’ stata scattata durante la cena che i “fans di Chaaria” hanno organizzato nel giorno in cui sono passato da Londra.
A lei ed a tutti gli amici che abitano nella Capitale del Regno Unito esprimiamo la nostra riconoscenza per il sostegno morale, per la amicizia ed anche per futuri risvolti pratici sul volontariato.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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