venerdì 2 luglio 2010

Lettera dei volontari Pietro e Fiorella

Salvo! fr. Beppe è arrivato questo pomeriggio...sono salvo. E allora è  tempo di ringraziamenti.
 
RINGRAZIO:
- la Provvidenza, che tramite  l'amico Max, mi ha fatto venire qui per la seconda volta e mi ha  guidato e protetto lasciandomi partire senza dispiaceri nè rimorsi
- il  Cottolengo che mi ha accolto amichevolmente e che sostiene, con grande  sforzo economico, in questo affascinante buco che non compare neppure  sulle carte geografiche, una struttura che accoglie e cura oltre 50  handicappati fisico-mentali e un ospedale con 160 posti letto che non  vuol dire 160 ricoverati perchè ci sono anche i due malati per letto  (non ci fanno molto caso) e, a volte, i materassi per terra.
- fratel  Beppe, che trovandosi anni fa davanti ad una gravida che non riusciva a  partorire e che era intrasportabile causa piogge, invece che assistere  impotente alla morte di mamma e figlio, ha avuto la capacità, la forza  e il coraggio di fare il primo cesareo. Da questa esigenza  letteralmente vitale, pezzo per pezzo ha messo insieme questo ospedale
- le migliaia (non è un'iperbole) di pazienti più o meno derelitti e  ma malconci che in questo mese hanno affollato l'ambulatorio, arrivando  anche dai lontani confini del nord (ma come arrivano? quanto ci  mettono?) a volte per risolvere il loro problema, ma altre volte per  chiedere il miracolo che non siamo in grado di offrire.
- i Buoni Figli,  con un "debole" per Moruru e kimani,  che mi hanno insegnato come la  vita sia pur sempre vita
- Noemi, diciannovenne paraparetica con una  volontà di ferro, sempre affettuosa e sorridente, che lotta per  camminare e studia assiduamente
- I fratelli, le suore e il personale  tutto che, guidati da fr. Giancarlo (titolare dell'ufficio grane, guai  e problemi) e da Suor Florence, mandano avanti la baracca
- fratel  Lorenzo che, lavorando prevalentemente di notte, ha, tra l'altro, ristrutturato la sala operatoria
- il dr Ogembo che si è fatto carico di  tutta l'attività ostetrico-ginecologica e mi ha aiutato in ambulatorio  e in sala operatoria
- il para-anestesista Jesse che, senza respiratore,  senza la possibilità di intubare, con spinali, ketamina e locali, mi ha  consentito di operare di tutto, dal bimbo di 14 mesi con una grossa  ernia inguinale congenita all'ultraottantenne con ipertrofia  prostatica
- il mite e sempre disponibile Antonio (internista di  Torino) che, benchè affetto da una grave malattia (una forma incurabile  di mal d'Africa), si sobbarca tutta l'attività internistica (AIDS, TBC,  malaria, cardiopatie varie, incurabili ecc.). E' stato il mio punto di  riferimento per la farmacopea locale, la decrittazione dei files  (cartelle) e delle sigle (QID 2/52 vuol dire che un farmaco va  somministrato quattro volte al giorno per due settimane), e mi è stato  di aiuto e conforto nelle situazioni difficili
- le tre formidabili,  instancabili  addette alla sala operatoria e dintorni Celina Kanyua e  Makena (l'ordine alfabetico è d'obbligo) che non sapendo cosa sia un  mansionario, hanno fatto da secondo chirurgo, strumentista  (contemporaneamente), addette all'endoscopia, interpreti in  ambulatorio, lavaferri, barelliere, addette alle pulizie e sicuramente  dimentico qualcosa
- e per finire mia moglie, che ha condiviso questa  avventura ed ha accudito e ammazzato di coccole i quattro orfanelli  attualmente presenti: la deliziosa, piccola Claire, il nervoso Daniel, la sveglissima Rossela e il "nostro" paciottone Ken.

A DIO PIACENDO
ARRIVEDERCI

  
Pietro e Fiorella

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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