A Torino scoppia il colera. Una commissione governativa intravede nella Volta Rossa un potenziale focolaio di infezione. Il governo ne ordina la chiusura a scopo precauzionale. Cottolengo disloca i malati in alcune famiglie e invia le suore a servirli. Nei locali vuoti vengono accolti i bambini dei lavoratori poveri, che, oltre ad imparare a leggere e scrivere e i primi elementi del catechismo, ricevono il pasto e una fetta di pane da portare a casa. Inoltre vengono raccolte le ragazze che per strada vivono di elemosina. Viene insegnato loro un mestiere. Saranno denominate la famiglia delle Orsoline. La carità urge, infiamma. Cottolengo comincia a guardarsi intorno per cercare una nuova sistemazione. Al canonico Valletti, che cerca di dissuaderlo, risponde: "Caro rettore, io sono di Bra, il paese dei cavoli. Là ho sempre visto che solo i cavoli trapiantati fanno testa grossa". Il 27 ottobre 1832, dopo solo sette mesi dalla chiusura di Valle Rossa, si apre la Piccola Casa della Divina Provvidenza sotto la protezione di san Vincenzo de' Paoli. È un rustico semiabbandonato preso in affitto per due mesi nella periferia malfamata di Torino, precisamente Valdocco. Per mesi insieme ad alcuni volontari il Canonico si era dato da fare per ristrutturarlo. Sulla porta inchioda un cartoncino con la scritta: "Caritas Christi urget nos!" ("L'amore di Cristo ci sprona", san Paolo, 2Cor 5,14). Dopo pochi mesi affitta nelle vicinanze un'altra casa. E poi un'altra ancora… L'opera si allarga. Nel 1833 sono 300 le persone accolte e assistite. È un anno importante. Il 27 agosto il re Carlo Alberto riconosce l'esistenza legale della Piccola Casa come opera avente lo scopo principale di accogliere i malati respinti dagli altri ospedali e varie categorie di persone abbandonate mediante il servizio delle proprie famiglie religiose. Tre giorni dopo lo stesso re nomina il Cottolengo Cavaliere dei santi Maurizio e Lazzaro, onorificenza concessa a quei sudditi che si fossero distinti in opere di particolare abnegazione e generosità. A fine anno fonda una famiglia di religiosi laici: infermieri per i malati e per il servizio a domicilio, educatori e capi d'arte, maestri e animatori inviati nelle parrocchie dei piccoli paesi. Tra il 1833 e il 1836 porta a termine la grandiosa costruzione dell'ospedale: sei corsie, particolari attrezzature sanitarie, un'importante equipe medica. Il suo operato diverrà famoso in tutta Europa. E, poi, ancora istituisce le famiglie dei sordomuti, degli invalidi, degli epilettici, degli orfani. Apre scuole popolari, asili infantili. Non ha sosta. È il mistero della fede che genera. Impossibile agli uomini, possibile a Dio. Cottolengo non ha capitali. Le sue opere sono realizzate a credito e a nome della Divina Provvidenza: "Chi fa tutto nella Piccola Casa è la Divina Provvidenza e con la Divina Provvidenza non si fanno i conti. Essa solo sa farli e li fa benissimo. Quello che si fa lo si fa per Iddio, Iddio lo sa e questo basta". Nel 1835 la società Montyon e Franklin gli conferisce la propria medaglia. Una sorta di premio Nobel.
Poi gli anni bui. Il colera decima le sue suore. Alcuni benefattori si ritirano. I debiti crescono a dismisura. Piovono le denunce. Cessano le scorte. Parte perfino un'inchiesta governativa. Più volte si vede Cottolengo nella cappella a pregare. È certo: la Provvidenza non viene meno. Al conte Castegnetto scrive: "Ho ferma fiducia di non arrivare a Pasqua senza vedere allargata la mano di Dio sulla Piccola Casa". E così è. Il re invia 5.000 lire. Muore il canonico Valletti lasciando un'eredità di 36.000 lire. Per Pasqua il debito è coperto. È un'esperienza che purifica. Che rigenera. Altre opere, famiglie nascono. Per far fonte a nuovi bisogni. Fonda un seminario e alcuni monasteri dediti esclusivamente alla vita contemplativa. Istituisce la laus perennis (lode perenne) alla Santissima Trinità. Nel 1842 un'epidemia di tifo investe la capitale del regno sabaudo in particolare la zona di Valdocco. Cottolengo si ammala. Pur rendendosene conto, non ci bada. Lavora e prega in continuazione. Poi le forze vengono meno. Il 29 aprile a Chieri, nella casa del fratello sacerdote, riceve l'estrema unzione. Muore la sera successiva. Senza benedire i suoi figli, senza designare il successore, senza alcun gesto solenne. L'indomani i 1.300 abitanti della Piccola Casa vengono informati. Sono giorni di festa a Torino per le nozze del principe Vittorio Emanuele. Per questo, per non gettare una luce di tristezza, la salma viene trasportata di notte nella chiesa della Piccola Casa. Per un funerale composto senza esteriorità. La Divina Provvidenza ha gettato le fondamenta del suo progetto. Ora il carisma del Cottolengo appartiene alla Chiesa universale che lo ha proclamato santo il 19 marzo 1934.
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