Ieri sera ho assistito ad una scena che e’
riuscita a bloccarmi la digestione ed a lasciarmi totalmente depresso per la
notte intera.
Erano le 22 quando ho sentito un vociare
concitato in ambulatorio. C’erano molte donne che urlavano e qualcuna piangeva
disperatamente. Ho visto entrare la barella spinta dal nostro watchman.
Su di essa ho notato il corpo senza vita di
una donna giovane… era tutta imbrattata di sangue. Ho immediatamente messo mano
al fonendoscopio ed ho quindi confermato che la paziente era gia’ morta prima
dell’ingresso in ospedale.
Solo a quel punto una delle accompagnatrici
in pianto mi ha fatto vedere quel che teneva in braccio, avvolto in una copertina
insanguinata. Era un neonato. Quasi senza avvedermene, ho messo il dorso della
mia mano sul torace del piccolo, e l’ho trovato gelido. Ho guardato meglio ed
ho constatato che non c’era attivita’ respiratoria. Ho quindi posato il mio
stetoscopio sul bimbo, ma non ho riscontrato attivita’ cardiaca.
“Cosa e’ successo?” ho quindi domandato,
lanciando il mio interrogativo a quella piccola folla di donne sotto shock.
“Karwirwa (questo e’ il suo nome) e’ di
Giaki. Sapeva di aver avuto un pregresso cesareo due anni prima. Suo marito,
che lavora lontano, le aveva anche lasciato i soldi per venire all’ospedale, ma
lei ha voluto provare a partorire a casa. Lei e le sue vicine hanno provato da
stamattina, ma il bimbo non voleva nascere. Stasera si sono decise a venire in
ospedale, ed hanno scelto di camminare… ma a tre chilometri da qui, Karwirwa ha
avuto delle forti contrazioni ed il piccolo e’ nato in un prato. Purtroppo non
respirava bene, forse perche’ la
mamma era stata in travaglio per troppe ore. Noi non sapevamo come aiutare il
bambino, che e’ spirato tra le nostre mani dopo pochi minuti. Qualcuno ha
insistito dicendo che, avendo gia’ partorito, Karwirwa avrebbe dovuto tornare a
casa, dopo il secondamento della placenta. Ma le cose sono andate di male in
peggio: dopo aver espulso la placenta, la mamma ha cominciato a sanguinare
profusamente. In un attimo e’ diventata troppo debole per camminare. Abbiamo
cercato un matatu affannosamente, ma il tempo necessario per trovare una
macchina e’ stato troppo lungo. Una volta caricata di peso sopra l’auto,
Karwirwa ha solo dato gli ultimi respiri sotto i nostri sguardi attoniti ed
impotenti. Avevamo un bimbo morto tra le braccia e stavamo assistendo alla alla
dipartite della mamma, senza che potessimo farci nulla.
Il matatu era scassato e ci ha impiegato un
po’ di tempo ad arrivare: lo sapevamo che anche la mamma era morta, quando
siamo entrate in ospedale”
Sono profondamente addolorato da quanto e’
successo.
Giaki e’ a 4 chilometri da Chaaria.
Karwirwa sapeva di aver avuto un cesareo pregresso ed era stata informata dei
rischi correlati ad un tentativo di parto. Nonostatnte questo, non solo non e’ venuta per il cesareo,
ma nemmeno per un parto sotto diretto controllo medico. Il pensiero e’ sempre
quello di risparmiare quei quattro soldi che chiediamo (e siamo l’ospedale piu’
a buon prezzo di tutti)… ma ora sono in obitorio sia Karwirwa che il suo neonato
maschietto.
Fr Beppe Gaido
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