giovedì 14 giugno 2012

L'isterectomia a Chaaria


Non si tratta mai di un’operazione semplice, in quanto spesso le pazienti vengono con gravissimo ritardo e con fibromi veramente giganteschi (talvolta simulanti un utero gravido di nove mesi).
Altra difficolta’ che si aggiunge alla precedente e’ il fatto che molte operande hanno avuto ripetuti episodi di PID (malattia pelvica infiammatoria) prima di sottoporsi all’intervento: cio’ causa in genere aderenze molto resistenti sia con gli annessi, sia con il peritoneo, sia a volte con l’intestino. La manovra di esteriorizzazione dell’organo, tanto importante per aggredire il segmento inferiore e legare le arterie uterine, e’ sovente difficilissima proprio a causa di tali aderenze.
I fibromi sono molto frequenti nella donna africana, anche in giovane eta’; sono pro’ in aumento esponenziale anche i casi di carcinoma della cervice nelle pazienti piu’ giovani, ed i tumori maligni dell’endometrio nelle malate piu’ attempate.
La patologia tumorale costituisce naturalmente una difficolta’ in piu’, sia dal punto di vista delle recidive che da quello delle possibili complicazioni (la piu’ temibile e’ la sezione dell’uretere in qualche modo spostato dalla sua sede naturale a causa del tumore stesso).
L’isterectomia a Chaaria non e’ quindi mai un’operazione di routine, ne’ per il sottoscritto ne’ per i ginecologi volontari.
C’e’ poi sempre da fare i conti con la nostra cronica carenza di sangue e con la possibiita’ che una operanda gia’ anemica, sanguini poi molto in sala o nel post-operatorio.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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