Abbiamo
ricoverato Antony in una pozza di sangue.
Aveva una ferita
sulla parte posteriore del collo, per fortuna abbastanza superficiale.
L’abbiamo quindi suturata senza grossi problemi.
Purtroppo pero’
aveva anche una ferita disastrosa nella parte volare dell’avambraccio. Tutti i
tendini flessori erano stati recisi, insieme a buona parte dei muscoli.
Jesse ha
praticato un buon blocco anestetico all’escella, ed abbiamo quindi potuto fare
le nostre tenorrafie a paziente sveglio.
Pensiamo di aver
fatto un buon lavoro e di aver trovato e ricostruito tutti i tendini.
Il fatto che
Antony fosse un ragazzo di 15 anni appena, mi ha incuriosito un po’, perche’ mi
sembrava troppo giovane per essere classificato come il solito avvinazzato che
conclude una rissa qualunque con dei colpi di machete.
“Cosa e’
succeso?” gli ho chiesto, mentre suturavo la cute e mi sentivo ormai rilassato.
“E’ stato mio
fratello piu’ piccolo”, mi ha risposto senza lasciar trapelare emozioni.
“Nella nostra
capanna, noi ragazzi dormiamo per terra dopo aver predisposto delle stuoie.
Dobbiamo dividerci lo spazio, che obiettivamente non e’ molto. Mio fratello
piu’ giovane si e’ era preso gran parte dello spazio sulla stuoia, ed io mi
sono arrabbiato e gli ho mollato un ceffone. Lui non ha reagito, ma si e’
alzato ed e’ andato via piangendo. Io quindi, ignaro delle sue intenzioni, mi
sono girato sul fianco pronto a prendere sonno. Gli passera’ ed avra’ anche
imparato la lezione, pensavo io. Lui pero’ e’ tornato con la panga ed ha
scaricato su di me tutta la sua rabbia”.
“Preso a pangate
da un altro bambino! E per giunta dal fratellino piu’ piccolo!” ho esclamato,
quasi pensando a voce alta.
Antony viene da
Katwene, un poverissimo villaggio ai confini tra il Tharaka ed il Cenral
Imenti.
I vecchi
volontari ricorderanno le nostre gite domenicali a Katwene per vedere i vulcani
spenti e per distribuire doni ai bambini poveri... quanti anni sono passati da
allora!
Non mi stupisce
che a Kathwene i bambini dormano per terra, ne’ mi stupisce il fatto che la
panga sia facilmente reperibile in ogni casa, dove e’ lo strumento agricolo per
eccellenza.
Rimango comunque
senza parole quando penso alla reazione di un bambino dell’eta’ di 13 anni, il
quale pensa alla vendetta per un ceffone ricevuto, affidandosi nientemeno che
alla panga: avrebbe potuto uccidere suo fratello, se il colpo inflitto al collo
non fosse caduto di striscio; oppore lo avrebbe potuto rendere monco per tutta
le vita, se il braccio fosse stato completamente amputato.
La panga e’ infatti
un misto tra accetta e coltellaccio.
Serve un po’ per
tutto: tagliare l’erba per le mucche o il legname per il fuoco della cucina; ma
e’ usata anche per rigirare le zolle di terra prima di seminare o per eradicare
le erbacce, proprio come se fosse una
zappa.
Ne abbiamo una
anche noi in macchina… non per difenderci dai malviventi, ma per scavare nel
fango nel caso in cui ci dovessimo impantanare nella stagione delle piogge.
E’ anche usata
nelle scuole primarie e secondarie durante le lezioni di “agricoltura”.
Purtroppo spesso
e’ anche l’arma a portata di tutti, con cui si fanno danni estremi: e’ infatti
pesante come un’ascia, tagliente come un pugnale… ed a buon prezzo quanto una
bottiglia di birra.
In mano ad un
ubriaco o ad un folle diventa un mezzo di distruzione che spesso lascia danni
irreversibili.
Pensiamo solo a
quello che la panga ha potuto fare in 100 giorni di pazzia durante il genocidio
del Rwanda nel 1994.
Sono comunque
convinto che Antony recuperera’ l’uso della mano e guarira’ completamente,
almeno nel fisico.
La domanda che
pero’ mi faccio sempre, dopo aver suturato un paziente “pangato” magari dal padre,
o da un fratello oppure dal coniuge, e’ la seguente: “potranno mai
riconciliarsi e perdonarsi vicendevolmente?”
“Potra’ mai una
sposa abbandonarsi nuovamente all’amplesso amoroso di un marito che l’ha presa
a machetate e magari le ha amputato un arto?”
Sono domande
senza risposta, e con Bob Dylan ripeto a me stesso: “the answer is blowing in
the wind”.
Fr Beppe
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