Spesso nella vita ci
troviamo a discutere su problemi piu’ grandi di noi. Puo’ essere l’effetto
serra, la politica o a volte anche le posizioni della nostra fede di fronte a
grandi problemi di attualita’. Quando ci lanciamo in tali argomenti pare sempre
che noi abbiamo le soluzioni in tasca per tutto.
Sempre piu’ pero’ mi
rendo conto che io non so dare risposte sui “grandi problemi dell’umanità”...
non ne ho la formazione e non sono d’altra parte nella posizione di cambiare
alcunche’.
Perche’ quindi iniziare
disquisizioni che non ci porteranno a nessuna deliberazione pratica?
Per esempio di fronte ai
grandi problemi della fede io cerco normalmente di dare una risposta
esistenziale.
Non lo so che cosa la
Chiesa dovrebbe fare, e non tocca a me stabilirlo. Quello che so e’ che la mia
coerenza di vita sara’ molto importante e potrebbe costituire l’unica reale
risposta alle domande di molti.
Per questo ripeto sempre
che, dal mio punto di vista, il primo apostolato a cui sono chiamato e’ quello
di voler bene: voler bene ai malati che sono chiamato a servire senza
risparmiarmi; voler bene ai confratelli della mia comunita’ che spesso non la
pensano come me e con i quali la vita potrebbe anche portare a inevitabili
tensioni; voler bene a quella gente che in passato potrebbe avermi fatto del
male, ad occhi aperti o inavvertitamente.
Altra importante
testimonianza che puo’ rispondere a varie domande, e’ quella del perdono
vicendevole. Come Cristiani siamo invitati sempre a “voltare pagina: e’ inevitabile
avere delle “differenze di vedute” o anche dei veri e propri scontri. Ma
l’importante e’ credere che tutti possono cambiare e ravvedersi: come posso
migliorare io, devo dar credito anche al prossimo di aver le potenzialita’ per
una autentica conversione.
Perdonare e dimenticare?
Certo questo e’ quanto ci chiede il Signore Gesu’... ma onestamente ne siamo
davvero capaci? E’ possibile non ricordare le offese ricevute?
Io non reputo di essere
arrivato a questa vetta di ascetismo: le offese purtroppo me le ricordo fin
troppo bene! Magari fossi capace di scordarmele e di cancellare tutto come si
fa con un computer semplicemente premendo un tasto.
Mentre cerco di
continuare il mio lavorio interiore, per adesso mi accontento di ricordare si’,
ma di non farmi bloccare dalla memoria dei torti veri o presunti che penso di
aver ricevuto: e’ dunque parte della mia ascesi personale il cercare di parlare
e di collaborare con tutti, anche con chi e’ stato mio avversario in qualche
modo, o mi ha fatto piangere... forse anche io ho fatto piangere lui! Ritengo
sia molto importante anche l’atto esteriore della richiesta di perdono.
Dire: “scusami” non e’ mai una perdita di tempo anche se onestamente non e’ per
nulla facile.
Altra risposta alle varie
domande sui “massimi sistemi” mi pare possa essere il mio impegno per non
essere geloso: l’invidia e’ stata individuata dalla saggezza millenaria della
Chiesa come uno dei tre vizi capitali. Quanta profondita’ in questa scelta.
A 48 anni di eta’ e dopo
quasi 30 anni di vita religiosa, ho tristemente toccato con mano come la
gelosia sia un tarlo che mina alla radice non soltanto gli ambienti laici, ma
anche quelli ecclesiali.
Alla base di tutto ci
sono alcuni “specchietti delle allodole” in cui tutti cadiamo: volenti o
nolenti, noi cerchiamo umana considerazione; siamo assetati di un
riconoscimento sociale che tenga conto del nostro effettivo valore che
normalmente riteniamo sottovalutato in comunita’; siamo spesso “rattristati”
dal successo del nostro prossimo e desidereremmo ardentemente godere della
stessa considerazione a lui tributata.
La gelosia e’ anche per
noi una grande illusione: crediamo piu’ o meno inconsciamente che, dando una
lezione al nostro vicino, noi troveremo una qualche gioia o soddisfazione...
magari poi rivestiamo questi sentimenti cosi’ bassi da non poter essere
confessati neppure a noi stessi, con alte motivazioni religiose: asseriamo di
voler correggere fraternamente il nostro amico; diciamo a noi stessi che la
nostra azione ha come scopo la soluzione di qualche problema sociale
all’interno del gruppo; arriviamo forse persino a pensare che agiamo per
salvare l’anima del nostro vicino.
Ma poi basta una mezz’ora
di silenzio davanti al tabernacolo per renderci conto di meritare ancora la
lapidaria frase latina:“mors tua, vita mea”. Ed e’ proprio in tali momenti di
verita’ di fronte a Dio che dobbiamo ammettere che la gelosia non ci fa piu’
felici. E’ solo una forza distruttrice contro cui dobbiamo lottare
continuamente, perche’ ha in se’ la potenza diabolica di destrutturare gruppi e
comunita’.
Molti miei amici poi
amano filosofeggiare sulle incoerenze della Chiesa. A loro rispondo che il
primo incoerente sono io, e che quindi non mi sento di “scagliare la prima
pietra”. Pero’ timidamente cerco anche di cambiare il loro angolo visuale:
davanti a Dio conta solo la nostra personale coerenza; non ci sara’ chiesto
conto di come sono vissuti gli altri, ma di come ci siamo comportati noi.
E qui ritorno al primo
punto di questa mia confessione pubblica: il volersi bene. Se leggiamo
attentamente il Vangelo, Gesu’ ci dice che l’amore e’ il primo e piu’
importante comandamento. Sant’Agostino arriva ad affermare: “Ama, e fai quello
che vuoi”.
E ancora: nell’episodio
in cui leggiamo della peccatrice che gli ha profumato i piedi, Cristo afferma
che “le e’ stato molto perdonato, perche’ ha molto amato”.
Queste citazioni mi
portano a pensare che, se amiamo veramente Dio e gli altri, sara’ difficile
commettere peccati veramente grandi. Ed inoltre, siccome poi perfetti non lo
siamo davvero, e la Bibbia ci ricorda peraltro che anche il giusto “pecca sette
volte al giorno”, allora abbiamo nell’amore la possibilita’ della conversione e
del perdono divino. E’ infatti ancora il Nuovo Testamento a dirci che “la
carita’ copre un gran numero di peccati”.
In conclusione di questo
sproloquio che forse vi ha annoiati terribilmente, spero di aver potuto
comunicare anche solo un punto: quello che conta e’ amare e cercare, nei limiti
del possibile, di non far del male agli altri.
Fr Beppe Gaido
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