Per ragioni she sfuggono
alla mia comprensione spesso vedo Chaaria tagliata fuori da moltissimi progetti
di aiuto e di collaborazione internazionale.
Da anni scrivo progetti
che mando un po’ dovunque per avere uno sponsor che mi paghi lo stipendio di
qualcuno del personale. So che questo è possibile perchè avviene in tante altre
organizzazioni e missioni. Ma Chaaria non è mai stata presa in considerazione
per questo tipo di aiuto.
Lo stesso si può
applicare per grandi appalti di costruzione in cui stranamente i progetti ci
hanno come girato attorno, ma niente è stato stanziato per il Cottolengo
Mission Hospital.
Gli esempi sarebbero
moltissimi: scriviamo progetti e proposte, perdiamo un sacco di tempo in questi
lavori burocratici, e poi non riceviamo neppure una risposta di rifiuto:
semplicemente non avviene nulla.
So di una organizzazione
che ha distribuito pannelli solari a strutture a noi vicine, ma a noi che
spesso siamo senza luce non è stato proposto nulla.
A volte mi scoraggio e mi
domando perchè!
Ma la risposta mi è
venuta proprio quando lo scoramento mi portava a gettare la spugna, proprio
quando dicevo a me stesso che Chaaria pare dimenticata dai grandi organismi
finanziatori dei Paesi in via di sviluppo.
Ieri sera alle 22.30,
dopo una estenuante giornata di lavoro in cui abbiamo servito ed operato un
numero estremamente alto di persone, facevo l’ultimo giro dei malati insieme a
Giulia: i reparti erano strapieni, con due pazienti per letto.
Nessuno mi ha parlato o
ha dato delle risposte, ma è lì in reparto che ho trovato la mia consolazione.
Forse Chaaria è troppo rurale e periferica per attirare l’attenzione dei grandi
donatori, ma la povera gente sa che ci siamo e si fida di noi. Siamo stracolmi
di clienti e sovente ci pare di non riuscire a far fronte alle richieste della
gente.
Questa penso sia la
risposta della Divina Provvidenza, e questo mi pare l’incoraggiamento di cui
abbiamo bisogno ogni giorno per tirare avanti: la gente ci apprezza e si fida
di noi.
L’ospedale magari non è il più bello del circondario: abbiamo cameroni
stracolmi in cui non c’è neppure lo spazio per un comodino, ma ciononostante i
malati ci sono... e guariscono!
Finchè siamo pieni non
temo nulla, perchè vuol dire che il Signore è contento di noi. E, se Dio ci
manda gli ammalati, ci manderà anche i mezzi per servirli. La mia vera crisi
inizierà quando Chaaria dovesse essere vuota: se non riuscissimo più a riempire
i letti, se la gente non ci cercasse più per le loro necessità di salute, questo
sarebbe il segnale chiaro di Dio per dirci che siamo fuori strada o che la
nostra missione è finita.
D’altra parte il
Cottolengo ci diceva sempre che dobbiamo contare sulla Provvidenza Divina e non
su quella umana.
Certo, ci rimango sempre
un po’ male quando faccio un progetto e poi non ne nasce nulla o quando altri
ospedali missionari ricevono e noi no, ma poi penso che Chaaria appartiene alla
Divina Provvidenza e quindi sopravviverà con o senza donazioni internazionali.
Io credo che l’importante
sia dare tutto senza risparmiarci; spenderci fino al sacrificio della vita... e
poi avere confidenza che il Signore farà il resto.
Mi piace concludere
questo post in modo un più laico, citando Gloria Gaynor, una cantante
americana che in questi giorni accompagna molte delle nostre operazioni in
sala. Con l’artista anche io credo che “We will survive!”
Fr Beppe
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