domenica 28 luglio 2013

Victor

Così appariva Victor a gennaio quando lo abbiamo accolto a Chaaria su richiesta di Rita. Al momento non c'era posto nell'orfanotrofio di Materi... e poi Victor era troppo piccolo per quella struttura.

Ricorderete che Victor era vissuto con un nonno alcolizzato che lo nutriva con bevande alcooliche locali a base di miele.
Erano state le autorità ad intervenire ed a chiedere a Rita di prendersene cura. Rita ci aveva chiesto aiuto e noi non avevamo potuto negarglielo, anche se Victor era già un po' troppo grandicello per la nostra organizzazione di servizio.
Nonostante tutto, in questi mesi Victor è stato sempre bene ed ha anche imparato a camminare.
Ora che torna a Materi con tanti fratellini e sorelline tutti più grandi di lui, certamente sarà molto stimolato e migliorerà tantissimo sia nella deambulazione che nella capacità di parlare.



E' stato bello oggi accogliere Rita con i suoi volontari ed affidar loro Victor, sicuri che Rita se ne prenderà cura come un'ottima mamma.
Anche per Victor possiamo dire: "mission accomplished". Siamo stati un tassello importante nella sua vita. Ora crescerà altrove e certamente si dimenticherà di noi, ma l'importante per noi è che ci siamo stati nel momento in cui Victor non aveva una truttura in grado di prendersi cura di lui. 
Purtroppo oggi, nella confusione che caratterizza Chaaria durante i week end, mi sono dimenticato di fargli una foto... ecco perchè ve lo ripresento tutto triste nel giorno del suo arrivo. Vi assicuro però che oggi era vestito come un principino, era paffuto e grassottello e sorrideva con tutti.

Fr Beppe


1 commento:

Anonimo ha detto...

Che il Signore lo segua con i guoi Angeli custodi! Che il Signore Gesù lo protegga per tutta la sua piccola vita terrena!!
Patrizia


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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