Mando Joseph al Meru Hospital per ritirare del sangue che ci
serve per un intervento chirurgico.
Il nostro autista usa naturalmente l’ambulanza, in quanto si
tratta di un servizio urgente per l’ospedale. Percorre la via di Giaki, che è
al momento la meno sconnessa per arrivare a Meru.
Giunto in cima alla salita di Ndurumo, a metà strada tra
Chaaria ed il capoluogo, si imbatte nell’ambulanza della maternità governativa
di Mbeu. La vettura in questione ha un guasto e, sia autista che infermieri
sono “in fibrillazione”, perchè stanno trasportando una giovane ragazza che
necessita di cesareo urgente.
Ci conoscono molto bene perchè è prassi normale per quella
struttura priva di sala operatoria, accompagnare le sue pazienti complicate a
Chaaria per il cesareo.
Disperati, essi fermano l’ambulanza del nostro ospedale ed
implorano Joseph di aiutarli a raggiungere Meru.
Chi conosce il nostro Kabithi, sa che è una persona
buonissima ma anche estremamente rigida.
Joseph, che per il
sangue sta andando proprio all’ospedale di Meru dove quella ambulanza guasta
era diretta, non riesce a prendere una decisione da solo: ha paura di sbagliare
e mi chiama al telefono.
La Provvidenza vuole che io non sia in sala e che quindi
Kabithi riesca a parlare con me. Mi spiega concitato la situazione e
naturalmente io gli dico di trasportare tutti alla loro destinazione, prima che
sia troppo tardi sia per il feto che per la mamma.
Alcune ore più tardi, quando Joseph ritorna a Chaaria con il
sangue che ci serve per l’operazione, io gli chiedo con sorpresa:
“come mai l’ambulanza di Mbeu stava andando al Meru
Hospital? Di solito vengono da noi che siamo molto più vicini al loro villaggio”.
“E’ quello che cho chiesto anche io – ribatte Joseph – e loro
mi hanno detto che ordinariamente in effetti vengono sempre a Chaaria, ma
questa donna era così povera da non avere neppure uno scellino”.
Questa frase mi fa molto male e dico subito: “ma lo sanno
che noi non mandiamo via nessuno, soprattutto se molto poveri!”
Joseph non sa cosa dire: “Forse avevano paura di ripeterti
ogni volta la stessa storia sul fatto che la paziente non avrebbe pagato”
Ho nel cuore un misto di sentimenti contrastanti.
Da una parte sono contento perchè la Provvidenza ha voluto
che la nostra macchina fosse a Ndurumo nel momento giusto per aiutarli a
raggiungere il Meru Level 5 Hospital quando erano in difficoltà.
Dall’altra
sono profondamente turbato al pensiero che ci siano ancora persone che non
possono permettersi Chaaria, nonostante i nostri sforzi di essere veramente a
buon prezzo, di far pagare pochissimo e di non rifiutare i nostri servizi a
nessuno per motivi economici.
Lo so benissimo che il “totalmente gratuito” non ci sarà mai
possibile, perchè no ce la faremo mai ed in più non sarebbe sostenibile nel
tempo; inoltre, mi rendo conto chiaramente (soprattutto ora che Fr Giancarlo mi
fa davvero partecipe dell’amministrazione in una maniera capillare e
trasparente) che spesso siamo in profonde difficoltà economiche, con uscite che
continuano ad aumentare a fronte di entrate che non sono mai sufficienti.
Però, rimane forte in me il “chiodo fisso” che non dobbiamo
cedere alla tentazione di aumentare i prezzi: è una tentazione che abbiamo
quotidianamente, di fronte all’aumento del costo dei farmaci, all’incremento
dei salari, al carovita che sta falcidiando il Kenya anche sui prodotti
alimentari di base, oltre che sull’elettricità, ecc.
Però, se aumentiamo i prezzi, non tagliamo fuori quel ceto
medio che comunque Chaaria se la potrebbe ancora permettere: gli esclusi
sarebbero proprio le fasce meno abbienti che già non possono accedere agli altri
ospedali perchè troppo costosi.
Credo quindi che dobbiamo trovare nuove vie per aumentare le
entrate: le offerte, gli amici, le associazioni, il risparmio e l’oculatezza
amministrativa, ma anche attività esterne all’ospedale.
Oggi per esempio siamo stati molte ore senza corrente e con
generatore spento, proprio per non spendere troppi soldi nel settore
energetico.
Quando possiamo poi vendiamo i vitelli, i maialini, ma anche
il latte e le uova della nostra “shamba”. Se la stagione delle piogge ci
assiste, qualche volta riusciamo a vendere pure banane e mais.
In falegnameria abbiamo iniziato a preparare tavoli, sedie
ed armadi per persone che ci fanno l’ordine e li comprano.
Se però aumentiamo i prezzi, soprattutto in aree molto
sensibili come ad esempio quella della maternità, rischiamo di tradire la
missione di Chaaria di essere l’ospedale dei poveri. E’ per questo che su tale
punto, lo so di essere testardo, ma onestamente non voglio cambiare idea.
Inoltre penso che, aumentando i prezzi, diminuirebbero gli
utenti, con il risultato che le entrate non incrementerebbero comunque. Se i
prezzi rimangono bassi invece, aumenta il bacino d’utenza, non si rischia di
tagliar fuori i poveri, ed alla fine si raccolgono entrate maggiori.
Sono certo di essere nel giusto dal punto di vista della
spiritualità cottolenghina; non so se si tratta di un modello economico
sostenibile, ma emotivamente penso che lo sia... spero di non bagliarmi.
Fr Beppe Gaido
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