lunedì 6 ottobre 2014

Mr. Tofi

Dice Mister Tofi: “il cortile dei Fratelli a Chaaria è di fatto mio territorio esclusivo. L’ho delimitato più volte pisciando in tutti gli angoli. Io qui ci vivo, ci prendo il sole e ci dormo, mi riposo e gioco quando ne ho voglia: insomma, qui è casa mia. Quello che mi dà fastidio è che nel mio territorio sono arrivati un sacco di gatti. Io non li ho proprio invitati, ed onestamente a me non piacciono per niente. Provo in tutti i modi a dimostrare loro che io sono il più grosso e che comando io, ma loro diventano sempre più sicuri di sè... e devo dire che del mio ringhiare se ne fregano sempre meno.

Quello che mi dà più fastidio è che mangino nella mia ciotola. Non importa che io sia sazio o meno. Il fatto è che non voglio che tocchino il mio cibo. 




Loro però sono agilissimi, e, se li rincorro, si arrampicano sugli alberi o si nascondono nell’intercapedine dell’acqua piovana. Devo ammettere che è difficilissimo per me raggiungerli: sono anche un po’ troppo grasso! Con i gatti è comunque una lotta continua. Il fatto è che loro sono intelligenti ed astuti (non che io lo sia di meno, ma riescono comunque a mettermi in difficoltà): fanno in modo che io rincorra uno di loro, e nel frattempo altri sei mangiano nella ciotola indisturbati. Se me ne accorgo, mi arrabbio davvero e mi precipito a difendere il mio piatto, ma loro si dividono e corrono in direzioni diverse: io rimango confuso e non so come fare e chi inseguire per primo... e mentre mi affanno dietro al gruppo, quello che inseguivo per primo se ne va a mangiare facendomi gli sberleffi.
Spesso diventano aggressivi ed a volte ho paura ad avvicinarmi troppo col muso, perchè raddrizzano il pelo e mi piantano delle unghiate dolorosissime sul muso.
E’ proprio una vita da cane qui da solo a far fronte ad una masnada di nove o dieci gatti miagolanti ed affamati. Loro dovrebbero prenderi i topi, ma trovano che il cibo già cucinato nella mia ciotola sia più comodo.
Mi sembra la guerra infinita!”

Fr. Beppe





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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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