sabato 29 novembre 2014

Come su un campo di battaglia

Nelle ultime due settimane ci siamo confrontati in maniera veramente pesante con la traumatologia: la ragione principale sono stati gli incidenti della strada, per lo più causati da matatu e mototaxi. Non sono però mancati altri tipi di eventi, come cadute da alberi e atti di violenza.
Abbiamo avuto quattro pazienti con gravi traumi cranici: due hanno riportato ematomi intracerebrali che il Dr Nyaga ha deciso di non operare e di trattare con terapia medica. Entrambi sono rimasti in coma a lungo, ma, contro ogni nostra aspettativa, sono pian piano rinvenuti ed hanno recuperato quasi completamente, senza neppure riportare crisi epilettiche residue.
Un altro degente, dopo scontro frontale tra due moto-taxi, ha avuto ferite lacero-contuse del volto e fratture comminute del massiccio facciale con pneumo-encefalo (cioè con aria nella scatola cranica). Inoltre ha riportato una lacerazione profonda della sclera dell’occhio sinistro da cui abbiamo notato una deiscenza persistente di umor vitreo per vari giorni. 
Non avendo avuto la possibilità di mandarlo ad un chirurgo maxillo-facciale, abbiamo deciso che che le multiple microfratture si sarebbero consolidate da sole. Abbiamo quindi suturato i tagli sul volto, abbiamo bendato l’occhio e lo abbiamo tenuto disinfettato con colliri antibiotici. 



Abbiamo instaurato terapie antibatteriche ad ampio spettro ed abbiamo somministrato farmaci anti edema cerebrale e profilassi antiepilettica. Il malato è rimasto in coma per vari giorni. Il volto era sfigurato ed estremamente edematoso, ma ora è totalmente sgonfiato. Il malato è totalmente cosciente. Purtroppo ci vede pochissimo dall’occhio interessato dal trauma, ed aspettiamo che l’oculista ci dica cosa fare a tale riguardo.
L’altro caso è stato causato da una caduta a terra con trauma cranico dovuto all’impatto della testa contro una pietra. Il paziente appariva confuso e disorientato. 
Alla TAC abbiamo diagnosticato un enorme ematoma sub-durale che occupava tutta la regione parietale destra. 
Il Dr Nyaga ha eseguito trapanazione cranica e drenaggio dell’ematoma: con mia grandissima sorpresa, già al risveglio dall’anestesia generale il malato era completamente orientato nel tempo e nello spazio. Oggi, otto giorni dopo l’intervento, lo abbiamo mandato a casa completamente ristabilito.
Un altro incidente di moto-taxi ci ha obbligati ad un difficile intervento ortopedico per una frattura comminuta di radio ed ulma destra.
Alcuni giorni fa poi, a Chaaria è avvenuta una rapina a mano armata, che ha portato al ferimento di una persona: l’abbiamo ricevuta alle nove di sera in condizioni gravissime a motivo di ferite multiple da arma da taglio sul volto, sul capo, sul collo ed al braccio destro (dove muscoli e tendini erano stati sezionati): siamo usciti di sala all’una di notte , ma il paziente è ora in condizioni stabili e continua a migliorare.
Ieri poi è arrivata la ciliegina sulla torta: un uomo sulla quarantina caduto da un albero. Aveva la coscia destra semi-distrutta da una orrenda ferita lacero-contusa da cui protrudeva estesamente il moncone prossimale del femore. 
Con una punta di disagio poi, visitando il paziente, mi sono accorto di una seconda ferita posteriore nel cavo popliteo del ginocchio, da cui fuoriusciva il moncone distale del femore: si trattava di una orribile frattura esposta del femore; il rischio di osteomielite era altissimo, per cui abbiamo deciso per una immediata riduzione chirurgica della frattura con fissazione mediante placca e viti. 
La sutura della cute è stata estremamente difficile in quanto la lacerazione dei tessuti era gravissima...ma alla fine ci siamo riusciti!
Come potete vedere è stata una specie di campo di battaglia, e, se a tutto questo aggiungiamo il normale flusso dei pazienti, i cesarei, gli interventi chirurgici programmati e quelli di emergenza, vi  lascio immaginare quanto complesso e laborioso sia stato il periodo che abbiamo attraversato.


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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