Quando a marzo 1998
arrivai dalla Tanzania, ero impaurito e onestamente incapace.
Sapevo qualcosa di
Medicina Interna e poco di malattie Tropicali.
La Ginecologia e l’Ostetricia,
tanto importanti per un medico in Africa, erano per me delle branche alquanto sconosciute.
Fr Lodovico mi diceva comunque
che di un reparto di maternità a Chaaria non ce ne sarebbe stato bisogno perchè
le donne preferivano partorire a casa.
La realtà dei fatti
risultò però subito molto diversa dal quadro presentatomi dal nostro decano.
Udito che a Chaaria era
arrivato un medico “bianco”, le donne in gravidanza cominciarono a fioccare,
chiedendo di poter partorire nella nostra struttura.
Noi però non avevamo pianificato di iniziare con la maternità.
A tutte le donne dicevamo che il nostro era solo un dispensario, e che non
avevamo servizi di ostetricia. Ma le donne africane hanno una concezione quasi
onnipotennte del medico: il dottore, soprattutto se bianco, deve saper fare
tutto!
E quindi non se ne andavano; stavano sedute al cancello e partorivano per
terra.
Noi poi dovevamo accorrere per il bambino e per assistere le mamme nel post
partum lì sulla strada; quindi dovevamo trasfortarle dentro il dispensario in
barella.
Alcune volte dicevamo: “andate in un ospedale più grosso; ma esse
rispondevano: perchè? C’è un ospedale più grande di questo?”
Decidemmo che questa situazione era insostenibile ed iniziammo l’avventura
della maternità con tanta incoscienza.
Io non sapevo nulla, ma mi affidavo all’esperienza delle infermiere,
soprattutto di Beatrice, che è colei che mi ha insegnato quasi tutto in questo
campo.
Il primo parto in dispensario avvenne di notte in quella stanza vuota in
cui precedentemente avevamo curato la malaria cerebrale di Karimi, su una
semplice barella.
Beatrice per deferenza voleva che assistessi io la mamma, ma io mi sono elegantemente
defilato perchè non avrei saputo dove mettere le mani. Il parto fu difficoltoso
e, come buon inizio, avemmo una emorragia post-partum terribile con lacerazione
della cervice: fummo impegnati tutta la notte, ma non ci scoraggiammo. Il
mattino seguente, stanchissimi per non aver chiuso occhio, io e Beatrice ci
dicemmo che avremmo potuto continuare.
All’inizio il vero problema era dove sistemare le pazienti, in quanto
avevamo solo tre letti posizionati in corridoio, ed a volte dovevamo mettere
una puerpera nel letto accanto ad un bambino ricoverato per diarrea. La cosa
certo non era ottimale, ragion per cui in quei primi tempi, cercavamo di
dimettere le donne poche ore dopo il parto, temendo il rischio di infezioni
crociate per il neonato.
La situazione migliorò nel 2001 con il completamento del primo blocco di
reparti, in quanto dedicammo da subito due stanze alla maternità: una più
piccola, ricavata da quello che per il passato era stato l’ufficio del
responsabile (attuale room 12), ed una
più grande (la room 20 nel “Blessed Paleari Block”).
Altro grattacapo che ci siamo portati avanti fino ad oggi è stato quello
della sala parto, che è stata ricavata con una struttura prefabbricata nella
vecchia sala d’attesa del dispensario: la sala parto è in sè abbastanza
spaziosa e ci permette di seguire due travagli contemporaneamente, ma è a
ridosso della nuova sala d’attesa dell’ospedale. Naturalmente ci sono vetri
smerigliati, ma non c’è alcun isolamento acustico, per cui la privacy delle
nostre mamme è un po’ un punto di domanda, soprattutto quando si lamentano ed
urlano in preda alle doglie.
Per tanti anni però il nostro incubo è stata la
maternità complicata.
Quando il travaglio non progrediva, o ci accorgevamo che c’erano
controindicazioni assolute al parto naturale, dovevamo partire alla volta di un
ospedale più grande, per portare la mamma in sala operatoria.
Spesso le complicazioni avvenivano nelle ore notturne, e solo Dio sa quante
volte Fr Lorenzo doveva rischiare la propria vita uscendo di notte, per una
strada accidentata nella stagione secca e terribilmente scivolosa nella
stagione delle piogge. Solo Dio sa quante volte la macchina è andata fuori
strada, o si è rotta di notte, obbligandoci a dormire nell’auto o a tornare a
piedi camminando per vari chilometri...quante volte poi abbiamo rischiato di
essere attaccati da ladri e malfattori.
Ma il vero problema era lo staff degli altri ospedali: spesso scortesi, ci
mandavano fuori a comprare il necessario per l’operazione (guanti, fili, cotone,
coperte, rasoi, ecc). Quasi sempre ci dicevano che avevamo seguito malamente il
travaglio e che il bambino sarebbe morto al cesareo a causa del grave ritardo
con cui avevamo portato la mamma per l’operazione.
A nulla serviva dire loro che il ritardo o le cattive condizioni del feto
erano dovute più al terribile viaggio in macchina che a nostri errori clinici.
Arrivarono addirittura ad augurare la chiusura di Chaaria. Dicevano che non
avevamo le capacità e le conoscenze per gestire una maternità. Dicevano che erano
di più i pazienti che facevamo morire, di quelli che in qualche modo aiutavamo.
Ma Chaaria non è nostra. E’ della Divina Provvidenza, e quindi a nulla
valsero tutti i tentativi di bloccare l’operato della nostra piccola Missione.
Arrivarono quindi i dispetti: lasciarci fuori ad aspettare per un’ora prima di
farci entrare. Chiederci di sorreggere il bottiglione di una flebo finchè essi
avrebbero trovato un posto letto per la paziente, e poi lasciarci lì per due
ore.
La situazione era per noi psicologicamente molto difficile, ma poi la
Provvidenza ci mandò una volontaria chirurga, che con coraggio decise di
insegnarmi la tecnica del taglio
cesareo. All’inizio ci fu tanta paura, ma poi prendemmo la mano ed ora
siamo felicissimi di essere in grado di fornire anche questa prestazione alle
mamme che vengono da noi fiduciose di essere aiutate pure in caso di
complicazioni.
E le donne semplici e povere della nostra zona hanno davvero
apprezzato i nostri sforzi, visto che ora abbiamo circa 6-7 parti al giorno, ed
una media di 8-9 cesarei alla settimana. La nostra maternità poi è gradualmente
cresciuta, insieme alle nostre competenze, ed oggi possiamo seguire le pazienti
per ogni tipo di problematica relativa alla gravidanza, incluse le minacce, gli
aborti incompleti, le rotture intempestive delle membrane, le emorragie
antepartum, i travagli pretermine, le ectopiche, ecc
Fino al 2012, per le pratiche chirurgiche avevamo solo una piccola
stanzetta che ci ostinavamo a chiamare sala operatoria: era angusta e soffocante,
senza presala e senza camera per il risveglio; ora però il nuovo dipartimento
chirurgico ci dà sicurezza e confort anche quando dobbiamo operare.
Una grave problematica fino ad oggi è comunque stata la sistemazione in
reparto delle nostre donne: a volte abbiamo dovuto mettere due pazienti per
letto; sempre comunque le abbiamo dovuto “strizzare” in cameroni molto
congestionati.
L’ambiente per il post-cesareo è ancora oggi quello dell’inizio,
e quindi troppo piccolo; il nido infine è gravemente insufficiente sia dal
punto di vista della sterilità che delle attrezzature a disposizione.
La costruzione di un padiglione completamente dedicato alla
maternità, in cui i percorsi ed i servizi potessero essere organizzati in modo
più razionale, è stato da sempre un nostro sogno, anche come risposta al numero
elevatissimo di mamme che si affidano alle nostre cure nell’importante evento
della nascita del loro figlio.
Per anni ed anni abbiamo
dovuto posticipare il progetto per dare precedenza ad altre realizzazioni più
urgenti ed anche perchè non avevamo i fondi necessari.
Ora invece, grazie alla
cordata di solidarietà realizzata da tanta gente buona, la costruzione della
nuova maternità sembra in dirittura d’arrivo.
In essa per la prima
volta avremo un ambulatorio in cui visitare le nostre gestanti: finora le
abbiamo sempre visitate in sala parto!
L’altra novità è che
avremo stanze di degenza separate per le donne in travaglio e per quelle che
già hanno avuto il loro bambino. Queste poi avranno una visione diretta con
vetrina sul nido dove terremo i bimbi pretermine.
La sala parto sarà più
grande ed avremo tre barelle a disposizione. Inoltre la collocazione della
nuova maternità garantirà la necessaria privacy anche acustica, essendo lontana
dai reparti e dall’ambulatorio.
Non abbiamo previsto una
sala operatoria nel nuovo dipartimento, dal momento che la nuova maternità è
adiacente al blocco operatorio: in caso di complicazioni e necessità di
cesareo, ci sposteremo rapidamente dall’altra parte.
La nuova maternità ha
anche una sua lavanderia separata, in cui inizieremo la pulizia degli strumenti
e della biancheria insanguinati.
Abbiamo dedicato la nuova
maternità a Sr Oliva, perchè in lei vediamo un esempio da imitare e perchè nei
suoi decenni di missione in Kenya si è dedicata sempre con passione al servizio
della maternità. In vita Sr Oliva è stata una grande sostenitrice del progetto
di costruire a Chaaria un reparto dedicato esclusivamente alla maternità. Ci farà
bene ripensare a Sr Oliva ogni volta che enteremo nel nuovo dipartimento.
Ringrazio di cuore i
benefattori che hanno permesso a questo sogno di materializzarsi, e fratel
Giancarlo che continua a seguire i lavori in prima persona. Sempre ringrazio il
Signore per la continua protezione e per l’aiuto che ci dà ogni giorno.
Quando sarà finità la
maternità?
Onestamente non lo
sappiamo con precisione, ma ormai non manca molto.
Fr Beppe Gaido
PS: nella foto vedete
Beatrice (al centro della foto in divisa bianca e golfino blu). E’ da lei ho
imparato i rudimenti della ostetricia.
Nessun commento:
Posta un commento