Sono le 22 ed ho appena
finito il giro dei pazienti.
Sono stanchissimo dopo
una giornata molto esigente e pienissima di pazienti e di lavoro. Ho voglia di
andare a dormire.
Già ho salutato le
infermiere e mi sto avviando verso la comunità, quando alle spalle sento la
voce dell’ostetrica del turno di notte: “vieni un momento che ho un problema”.
Dentro di me sento un
moto di ribellione, ma non posso rifiutarmi di tornare indietro. La donna che
mi viene sottoposta è certamente un caso complicato che necessita di cesareo
urgente, se non si vuole che il bimbo muoia nel grembo materno.
L’urgenza mi
pompa adrenalina nel sangue, e la forza mi ritorna: chiamo Giancarlo che
sfortunatamente è sempre coinvolto nelle emergenze notturne quando non abbiamo
volontari, e poi mi appresto a fare l’anestesia, perchè di notte a Chaaria non
abbiamo l’anestesista.
La spinale riesce
velocemente, ed il cesareo procede liscio come l’olio. Alle 23.30, sia io che
Giancarlo siamo già a letto, sperando di dormire profondamente fino al mattino.
Ma la speranza viene
delusa alle 0.30 della notte: nuova chiamata dalla maternità. Io ci metto un
attimo a mentalizzare, essendo profondamente addormentato, ma rapidamente mi
rimetto in moto: bisogna correre ad accendere il generatore, e poi buttarsi a
capofitto in un nuovo cesareo: anche stavolta è un caso molto difficile, di una
mamma con malaria in gravidanze e distress fetale.
Anche stavolta l’anestesia
mi riesce al primo colpo, ed il cesareo scorre veloce e senza problemi. Il bimbo
fortunatamente piange forte quando lo estraiamo dal ventre materno, la mamma è
tranquilla ed abbandonata alle nostre mani, e noi finiamo l’operazione in 45
minuti: “meno male; così andiamo subito a dormire; ovviamente domattina ci
sentiamo dispensati dalla messa, in quanto sono già le 2”, ci ripetiamo io e
Giancarlo.
Sono così stanco che il
sonno arriva quasi subito e faccio sogni vividi e concitati. Nel sogno squilla
ripetutamente un telefono che non riesco a vedere... poi, dopo un po’ di torpore
confuso, mi rendo conto che si tratta del mio cicalino: “di nuovo! Stanotte è
un massacro! Che ore sono? Accipiacchia, sono le 4,50.”
Mi dicono che si tratta
di una placenta ritenuta: quindi mi posso aggiustare da solo, senza svegliare
di ancora Giancarlo! Arrivo in sala parto e, dopo aver praticato una blanda
sedazione alla mamma, eseguo la rimozione manuale della placenta... ma le
sorprese non sono finite: sulla barella accanto vedo una partoriente che si
contorce a causa delle doglie. La cosa che non mi piace è vedere che ha il
catetere ed una flebo che le scorre in una vena del braccio: “non mi dire che
anche questa mamma è da cesarizzare!”
L’ostetrica guarda a
terra e si scusa dicendo che non è causa sua.
“Lo so che non è colpa
tua, figuriamoci! Mica te li fabbrichi tu i cesarei! Il problema è che le
complicazioni normalmente vengono tutte insieme!”
Chiamo nuovalmente
Giancarlo e ci mettiamo al lavoro: anche stavolta il cesareo non ci riserva
grossi problemi, a parte la nostra stanchezza. Sono quasi le 7 del mattino
quando lasciamo la sala, ed il primo intervento programmato per oggi sarà alle
8.30.
Indubbiamente, dopo una
notte così, sarà molto dura lavorare oggi che è lunedì, una giornata sempre caotica
e congesta a Chaaria,
Fr Beppe
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