Ieri era mercoledì e, come al solito, ho partecipato alla lezione per i medici a Meru al fine di ottenere dei punti ECM, obbligatori anche qui.
Mentre ancora la presentazione era in corso, ho sentito i primi scrosci di pioggia e mi sono precipitato alla macchina, senze aspettare la conclusione.
Arrivato alla strada sterrata, la fine pioggerellina di Meru è diventata un diluvio universale: tonnellate d’acqua che si riversavano su una strada ormai ridotta ad un acquitrino in certi punti, e ad un torrente impetuoso in altri, dove la discesa concedeva all’acqua di prendere velocità e di creare rivoli impetuosi ed assai pericolosi per la guida.
Con le quattro ruote motrici più o meno riuscivo a venire avanti: il vero problema è stato trovare molti veicoli completamente impantanati nel fango.
E’ stato difficile evitarli e proseguire il ritorno in ospedale.
Ci ho messo quasi due ore a tornare a casa, e questo ha molto ritardato il mio giro serale per la visita dei nuovi ricoveri.
Ero stanco, ma i malati avevano il diritto alla mia attenzione, visto che sono l’unico medico di guardia.
Ho quindi stretto i denti ed ho lavorato sodo.
Erano quasi le 23 quando ho finito tutto ed ho deciso che avrei potuto andare a dormire, ma ecco la nuova sorpresa, un sms dalle suore di Mukothima: “partiamo adesso con una donna che necessita di cesareo urgente”.
Mi sento quasi svenire ed ho voglia di urlare, ma non c’è nulla da fare perchè questa è un’emergenza a cui bisogna dare una risposta.
Provo ad attendere in piedi l’arrivo dell’ambulanza, ed a tenermi impegnato preparando la lezione che tengo ogni giovedì mattina per i nostri infermieri.
Ma non ce la faccio proprio, oggi è stata una giornata molto pesante e penso che la cosa migliore sia di sdraiarmi a letto un po’: Mukothima è lontana; la strada è sterrata e con queste piogge chissà a che ora arriveranno.
Siccome sono un po’ teso per il cesareo che devo fare, in realtà chiudo solo gli occhi ma non riesco a prendere sonno: passa il tempo ed ho modo di rendermi conto di tutti i rumori della notte di Chaaria, che silenziosa non è proprio mai.
Ci sono canti di grilli e cicale; nella stagione delle piogge poi c’è un sottofondo continuo di versi di rospi e rane; di tanto in tanto si fanno sentire gufi, civette e barbagianni; mentre anche le nostre scimmiette si richiamano l’un l’altra con versi acuti e stranissimi.
E’ l’una di notte quando il cercapersone mi chiama di nuovo: sono arrivati e la paziente è pronta per la spinale.
Prego il Signore che mi aiuti con l’anestesia, che è sempre il mio incubo durante le emergenze notturne, e poi spero in un cesareo il più breve possibile, per poi tornare a letto e recuperare un po’ di forze.
Purtroppo però in sala capita di tutto: la spinale è difficilissima, il bimbo è molto grande e la mamma complica con lacerazioni uterine ed emorragie arteriose che facciamo molta fatica a a controllare.
Lavoriamo intensamente, in un clima di stress elevato a motivo delle tante complicazioni.
Per fortuna alla fine sia mamma che bambino sono stabili e stanno bene.
Ma il tempo passa inesorabile e, quando mi accingo a scrivere l’intervento, sono già le tre del mattino.
Torno subito a letto, ma addormentarmi è così difficile!
Che strano non riuscire ad appisolarsi proprio quando si è più stanchi.
Mi giro e mi rigiro finchè ad un certo punto sento la campana della parrocchia: sono già le sei, ed è meglio alzarsi per la preghiera; tanto sembra che oggi non ci sia proprio verso di dormire un po’.
Mi aspetta una giornata altrettanto dura.
Spero di averne la forza, e soprattutto spero che la notte che seguirà possa essere un po’ migliore.
Fr Beppe Gaido
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