venerdì 6 maggio 2016

Estenuante e gratificante

Questa penso sia la parola più adatta per esprimere la nostra situazione lavorativa a Chaaria.
Stiamo vivendo una nuovamente maratona, stavolta ortopedica e di "chirurgia della mano", dopo quella chirurgica: i pazienti arrivano a decine tutti i giorni, e le patologie sono complesse e spesso difficili da risolvere: fratture inveterate e scomposte da moltissimo tempo, fratture esposte, malformazioni congenite (come ginocchia vare o valghe, e pieni torti), tantissime contratture da ustione che necessitano di chirurgia plastica.
Si tratta di interventi lunghissimi, a volte eseguiti con aghi e fili finissimi e con la necessità di lenti di ingrandimento sugli occhiali: riattaccare tendini rotti da colpi di machete, ricostruire nervi lacerati da fratture e mai prima riparati, fare innesti cutanei e plastiche a zeta, separare dita congenitamente congiunte, ecc.
Altre volte le operazioni richiedono invece molto forza, per togliere calli ossei formatisi in posizioni anomale e per ridurre fratture inveterate.
Tra un intervento e l'altro poi c'è la marea di pazienti ambulatoriali ed i tanti problemi internistici in reparto.
La sensazione è quella di essere un grillo che salta continuamente dalla sala operatoria, al reparto, all'ambulatorio
Estenuanti sono anche i ritmi del ginecologo Filippo e dell'anestesista Paolo: Paolo ha interventi dal mattino alle sette fino a volte alla sera alle 21.
La maternità normale e complicata, le innumerevoli pazienti con patologie e problematiche ginecologiche hanno reso la permanenza del ginecologo a Chaaria una maratona parallela a quella che si sta svolgendo con l'ortopedico.


Tantissimi sono infatti i cesarei, a cui si aggiungono purtroppo gli innumerevoli aborti incompleti con necessità di revisione.
Ma l'ostetricia è solo una parte del grande lavoro che il ginecologo deve fare a Chaaria: l'ambulatorio lo massacra, l'ecografia fa più o meno lo stesso; e frequenti sono le chirurgie molto impegnative che lo aspettano tra una paziente e l'altra: abbiamo fatto tante isterectomie, gravidanze extrauterine, cisti ovariche.
Degna di nota è una mega cisti ovarica tolta oggi in sala operatoria con non poche dificoltà: era infatti grossa come un utero a termine in gravidanza gemellare.
Era così enorme che arrivava praticamente al fegato.
In passato ero convinto che a Chaaria non avremmo dovuto avere più di uno specialista per volta: ora mi rendo conto che anche averne vari in contemporanea significa ugualmente che tutti lavorano fino allo sfinimento.
E' certamente così per tutti i volontari di specialità chirurgiche...senza parlare del fatto che anche gli internisti, le infermiere e l'ostetrica presenti al momento qui con noi, hanno la giornata completamente piena ed assolutamente impegnativa.
Mi piace questo aspetto di Chaaria: mi pare quasi che il Signore mandi le persone in modo proporzionale alle nostre potenzialità di servizio.
Più volontari abbiamo e più i pazienti aumentano...e poi, magicamente, quando capita che rimaniamo senza volontari, riusciamo comunque sempre a servire tutti, e a non mandare via nessuno senza i servizi che a noi richiede.
Vivere così è estenuante e gratificante insieme: non hai più tempo per te stesso; non puoi più fare piani di svago o di riposo perchè le emergenze te li fanno saltare; ma alla sera sei stanco e realizzato; ti senti davvero utile, e questo colma tutti i sentimenti di stanchezza oppure il desiderio di tempo libero che raramente ci possiamo permettere.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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