martedì 24 maggio 2016

“Il puro amore paterno non ha bisogno di parole”: un testimone speciale

Com’è l’amore paterno? Un medico di una missione africana, ogni giorno a contatto con genitori e bambini malati, lo racconta definendolo con parole che toccano il cuore.

Care unimamme, è da tempo che volevamo parlarvi di un uomo e di un luogo che sta facendo tanto, anzi tantissimo per i meno fortunati. Lui è Beppe Gaido e il luogo è il Chaaria Mission Hospital, un ospedale che si trova in Kenya.
Abbiamo scoperto Chaaria grazie ad Andrea Caschetto e all’operazione alla testa di Daudi, un bimbo di 9 anni, fatta a tramite Africa Milele onlus, una piccola onlus che fa tantissimo per i bambini africani. Infatti questa onlus, essendo in Kenya, si appoggia per alcuni interventi alla missione di Chaaria, la piccola “città della gioia e dell’amore”, come la descrive lo stesso Beppe, un frate della congregazione del Cottolengo.
Beppe oltre ad essere un frate è anche un medico chirurgo ed ha fondato questo ospedale nel lontano 1997: da piccolo dispensario negli anni è divenuto ambulatorio e poi ospedale, un vero e proprio punto di riferimento per l’intera zona.



Fratel Beppe tiene costantemente aggiornato, assieme ad altri frati, un blog e una pagina Facebook, dove racconta diversi episodi di vita vissuta e soprattutto di vite salvate.
Ed è uno di questi post che vogliamo condividere con voi, Fratel Beppe l’ha intitolato AMORE DI PADRE.
“Non è così frequente vederli, ma direi che ultimamente non è più neppure tanto raro.
Vengono in ospedale con un bambino piccolo affetto da malaria cerebrale o da polmonite.
A volte il figlio ha un problema chirurgico e deve essere operato: in questi casi di solito la mamma non viene in ospedale con il figlio ammalato perché è a casa con un bambino più piccolo da allattare, o magari perché è malata lei stessa; raramente capita di incontrare un marito abbandonato dalla moglie e non ancora risposato: un vero “single father”.
In questi casi non possiamo ricoverare i bambini ed il genitore in pediatria, perché questo è un ambiente rigorosamente femminile.
Ricoveriamo papà e bimbo nel reparto uomini: i bimbi accompagnati in ospedale dal papà dormono quindi nel camerone degli adulti.
Questi papà sono in genere molto buoni ed affettuosi, e direi che fanno concorrenza alle tante mamme che abbiamo in pediatria.
Mi sorprendo a volte ad osservarli mentre contemplano con occhi pieni d’amore il loro figlioletto ammalato, mentre vigilano con attenzione sul flusso delle gocce di chinino che fluisce nelle vene dei loro piccoli, mentre coccolano il figlio in preda a qualche dolore dopo un intervento chirurgico.
Trovarsi di fronte ad un papà atterrito per la gravità delle condizioni di salute del figlio, oppure alle prese con il cambio del ciripà (pannolino lavabile), o ancora intento ad imboccare la sua creatura con piccole cucchiaiate di porridge, è un’esperienza molto commovente che fa pure giustizia al sesso maschile: non tutti i padri sono infatti degli assenti, degli irresponsabili o dei menefreghisti. Sovente l’ospedale ce ne fa conoscere molti che nel silenzio testimoniano il puro amore paterno.”
Che dire? Fratel Beppe ha ragione: ci sono papà meravigliosi, ovunque! Grazie per averci dato un modo di ricordarlo e sottolinearlo.
Unimamme, conoscevate Chaaria? Siete d’accordo con quanto scritto da questo medico-frate?
Noi vi consigliamo di seguire il suo blog e, se come noi resterete affascinate da ciò che fa quest’uomo e le persone che collaborano per lui, vi consigliamo di sostenerlo comprando i 2 libri che ha scritto per finanziare l’ospedale:
A un passo dal cuore“, il primo libro che è servito per costruire il nuovo reparto maternità

Firma: 
Redazione Universo Mamma




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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