lunedì 4 luglio 2016

Addome acuto

A Chaaria è una evenienza decisamente frequente trovarsi davanti una persona con addome acuto.
Sono in genere situazioni molto difficili da gestire perchè ovviamente, essendo un’emergenza, non capita quando sei riposato o quando hai la mente libera, ma sovente in momenti già di per sè drammatici, quando sei molto stanco oppure sopraffatto dal lavoro. 
Non di rado succede di notte, quando il personale è ridotto all’osso.
La prima difficoltà di fronte ad un addome acuto è certamente la diagnosi. E’ difficilissimo fare diagnosi!
“L’addome è la tomba del medico...” diceva un proverbio spesso citato dai professori universitari quando ero uno studente.
E’ assolutamente vero:  la rosa di problemi che possono causare l’addome acuto è enorme; spesso la diagnosi esatta sfugge e diventa chiara solo nel momento in cui apri la pancia.
Il più delle volte si pensa di trovarsi di fronte ad un problema intestinale, cosa assolutamente vera,  ma non si possono certamente dimenticare subdoli casi ginecologici o anche rotture di organi interni (frequente a Chaaria è la rottura traumatica della milza, essendo la splenomegalia decisamente comune).
La diagnosi è una specie di labirinto in cui rischi di perderti: ci sono poi patologie tipiche di certe fascie di età, come l’invaginazione intestinale in pediatria. In questo labirinto devi cercare di destreggiarti con i pochi esami a disposizione e nel minor tempo possibile.



L’altro grosso punto critico è decidere se si tratta di un paziente medico o chirurgico: in altre parole se si deve correre in sala o se si può tentare una terapia medica.
Anni fa ero molto più conservativo e provavo sovente una terapia medica anche in casi con sospetta eziologia chirurgica: mi sembrava giusto dare una chance alle medicine prima di ricorrere al bisturi... ma con il tempo mi sono reso conto dell’importanza di quella che nel mondo anglosassone chiamano la “golden hour”: se si perde tempo con un addome acuto, si rischia di perdere anche quell’unica occasione di salvare il paziente; se si ritarda un intervento di 24 ore, per tentare un approccio conservativo che poi fallisce, quello che avrebbe potuto essere un intervento semplice, si può traformare in un vero disastro chirurgico, difficile da gestire.
Mi è capitato di voler aspettare a operare e poi di trovarmi davantio delle anse intestinali necrotiche, che magari il giorno prima avrebbero potuto essere salvate. Non di rado poi un paziente con anse già necrotiche, non sopravviveva nel post-operatorio.
Ora sono molto più interventista che in passato, e, quando c’è un dubbio, si corre comunque in sala, perchè ho capito che, quanto prima si opera, tanto più alte sono le possibilità di salvare la vita del paziente.
L’addome acuto è un mistero anche dal punto di vista prettamente chirurgico: sai quando entri in sala e non sai quando ci uscirai.
A volte ti trovi davanti ad un volvolo che puoi derotare in pochi minuti, oppure di fronte ad una occlusione intestinale da briglia aderenziale: sezionata la briglia, finito l’intervento.
Altre volte hai daventi disastri immani, con multiple perforazioni intestinali, aderenze ed anse necrotiche: sei allora obbligato a fare delle riprogrammazioni chirurgiche seduta stante, con grosse resezioni di visceri... e con prognosi davvero riservata.
Anche con in casi chirurgicamente più difficili poi, la guarigione dipende da fattori spesso al di fuori del nostro controllo: in questa settimana ho avuto due casi in cui, a motivo di una appendicite retrocecale complicata con necrosi del retto e dell’ultima ansa ileale, ho dovuto fare una emicolectomia destra con anastomosi ileo-trasversa.
Ho fatto l’intervento allo stesso modo...ma un paziente sta andando benissimo ed è prossimo alla dimissione, mentre l’altro è morto poche ore dopo essere uscito di sala.
L’addome acuto, sia in adulti che in bambini, rimane forse l’emergenze più temibile che mi ritrovo ad affrontare qui a Chaaria...e, sfortuna vuole che quasi sempre tali emergenze succedano quando non ho un chirurgo dall’Italia.
Oggi per esempio ho operato un vecchietto con multiple perforazioni ileali: ho dovuto fare una resezione abbastanza ampia del tenue: sono passato adesso a vederlo in reparto, ed è in condizioni discrete.
Spero davvero che ce la faccia, ma, come ho detto, le variabili sono così tante ed imprevedibili, che incrocio le dita e prego.


Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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