Manzoni diceva nei
Promessi Sposi che il cuore umano è un “guazzabuglio”, mentre i salmi ci
ricordano che “il cuore dell’uomo chi lo può conoscere?”
Rifletto su questo dopo
un giorno di grosse tensioni qui in ospedale.
Non abbiamo volontari in
questo periodo e quindi quanto scrivo è totalmente riferito a noi, staff
permanente di Chaaria. Nessun riferimento agli Italiani.
Oggi è stata una giornata
pesantissima e colma di malati e di tantissimo lavoro.
A renderla più complicata
si è aggiunta una supervisione esterna che ha richiesto molto impegno e
preparazione.
La tensione che ne è
derivata ha fatto sì che tra noi siano successe delle incomprensioni:
mancava un farmaco
che tutti sapevamo dover essere presente
per la supervisione.
Io avevo detto di
ordinarlo settimane prima.
Un membro dello staff
allora mi aveva detto che la medicina era presente in farmacia e non c’era
bisogno di ordinarlo.
Poi il colpo di scena:
stamattina il farmacista mi dice che il farmaco non c’è in quanto nessuno gli
ha detto di ordinarlo.
Io mi scaldo e dico: “ma
come, quindici giorni fa dicevi che la medicina ce l’avevi”.
Ma lui sostiene che
nessuno gli ha detto niente riguardo a quel farmaco.
Io allora mi scaldo forse
un po’ troppo e gli domando come mai lo veniamo a sapere solo il giorno della
supervisione che siamo sprovvisti di quella medicina.
A questo punto viene
fuori che qualcuno dello staff avrebbe asserito che quel prodotto lo tengo io
nel mio studio da sempre e che quindi la medicina l’avrei mostrata io nella
supervisione.
Rimango esterrefatto e
senza parole: io nel mio studio non ho mai tenuto quel farmaco!
Poi comunque la
supervisione arriva.
Io saluto per pochi
minuti le persone che sono venute per l’ispezione l’ospedale, in quanto non
posso fermarmi, avendo moltissimi pazienti ed interventi. Giancarlo deve
dedicare alla supervisione molto più tempo di me, e lo ringrazio sinceramente.
Lavoro tanto: visito,
opero, faccio eco e gastroscopie, ma dentro ho tantissimo disagio.
Non riesco a lavorare
così: non si possono servire gli ammalati ed i bisognosi se tra noi siamo
divisi. Ho bisogno immediato di riconciliazione; devo togliermi il macigno che
mi sento sul cuore.
Sono da sempre convinto
che si debba fare il primo passo e che, se si sono fatti errori, si debba avere
il coraggio di chiedere scusa per primo: con il farmacista non ci sono
problemi; alla mia richiesta di perdono, lui risponde che capisce benissimo tensione
e stanchezza... e che tutto è ok.
Lo stesso capita con un’altra infermiera che
semplicemente mi dice che eravamo troppo stressati e che comunque lei non ha
problemi.
Ma l’ultima persona che
direttamente ha avuto qualche scambio un po’ caldo con me non è in posizione
ricettiva.
Non parla, non accetta le
mie scuse, fa il muso; a guardarla in faccia si capisce che ha pianto. Non solo
non accoglie la mia richiesta di perdono, ma anzi dà le dimissioni da tutti i
ruoli di responsabilità svolti fino a quel momento in ospedale.
Ho sempre pensato ai
momenti di riconciliazione come a dei trampolini di lancio per ricominciare con
più entusiasmo, sentendosi perdonati ed anche compresi nella nostra natura
umanità fragile e ferita dal peccato.
Oggi invece il peso sullo
stomaco mi è rimasto.
Sarebbe bello poter
riavvolgere il nastro, tornare indietro e rimangiarmi certe parole che ho detto
e che poi, alla luce dei fatti, non erano poi così necessarie nè
costruttive...ma la macchina del tempo non c’è, se non nei libri di Stephen
King!
Per cui, adesso che la
frittata è fatta mi sento molto male.
E pensare che noi le
nostre energie dovremmo spenderle solo per i malati e non per farci star male a
vicenda: servire i malati con uno stato d’animo del genere poi non ci permette
di servirli al meglio!
La cosa che un po’ mi fa
star male non è il fatto che qualcuno possa essere giustamente arrabbiato con
me (me lo merito anche perchè sono stato scortese anch’io stamattina), ma
piuttosto che le mie scuse non siano valse nulla e che (al momento) non mi si voglia
dare la possibilità di riparare.
Magari il tempo porterà
consiglio e tra qualche giorno capiremo che anche questa è stata un’altra
tempesta in una bottiglia, come spesso accade in un ambiente piccolo, chiuso e
molto stressante come l’ospedale di Chaaria.
Spero di dormirci sopra e
spero che la notte mi porti un po’ di pace del cuore.
Mi auguro anche che il
tempo insegni a tutti noi la riconciliazione ed il valore del ricominciare
sempre dopo ogni errore.
Fr Beppe
Nessun commento:
Posta un commento