giovedì 18 agosto 2016

Giornata ortopedica

In questo periodo mi trovo con molti pazienti ortopedici ricoverati ed ancora in attesa di intervento. Più ne operiamo e più ne arrivano.
Anche oggi abbiamo accolto un bambino di 13 anni con una brutta frattura di femore che purtroppo datava da più di un mese...non era mai stato operato per motivi economici.
Noi lo opereremo comunque domani!
Fortunatamente oggi ho avuto manforte e la dottoressa Makandi del Meru Hospital è stata tutto il giorno con noi ad operare.
Insieme, abbiamo fatto davvero tanto, cercando di alternare i set chirurgici e usando anche il trapano monouso regalatoci di Luciano.
In tal modo non abbiamo avuto tempi morti legati alla ri-sterilizzazione dello strumentario.
Abbiamo ora solo più due casi ortopedici già in reparto, e li opereremo domani.
In questo modo forse andremo in pareggio e potremo poi ritornare alla condizione ideale di operare un paziente l'indomani del ricovero.
Purtroppo il sovraccarico ortopedico delle ultime settimane ha anche creato attese prolungate per altri interventi chirurgici che pian piano tentiamo comunque di smaltire, seppure con un ritardo di almeno tre giorni dal giorno del ricovero. Nonostante il superlavoro
ortopedico infatti anche oggi siamo riusciti a fare ernie, emorroidi e perfino un'isterectomia, usando in contemporanea la vecchia sala piccola.


Mi sembra sempre di lavorare in overbooking, di operare tantissimo e di arrivare a fine giornata con più pazienti ancora in attesa rispetto al numero del giorno precedente...continuimao ad impegnarci a fondo e, chissà, un giorno o l'atro pareggeremo anche con la chirurgia generale...o forse no!
Forse a Chaaria è una chimera pensare di riuscire a fare tutto, ed è normale andare a letto alla sera con la sensazione che sono molte di più le cose che non sei riuscito a fare rispetto a quelle che hai portato a termine.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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