sabato 20 agosto 2016

Pochi giorni dopo la partenza di Faith, abbiamo oggi ricevuto a Chaaria la piccola Rosetta Kawira che accogliamo con gioia nella nostra famiglia.
Rosetta non è propriamente un'orfana, perchè ha entrambi i genitori.
E' nata il 31 luglio 2016, ma la mamma ha sviluppano una grave psicosi post-partum ed è ora scappata da casa. Nessuno sa dove si trovi, anche se le autorità ed i parenti la stanno cercando ovunque.
Il papà è confuso ed incapace di prendersi cura della bambina per il momento. Ha comunque promesso che, quando ritroverà la moglie e riuscirà a farla guarire dal problema psichiatrico instauratosi dopo la nascita della piccola, certamente verrà a riprendersela.
Dall'aspetto di quel papà non abbiamo dubbi sul fatto che si tratti di una famiglia molto povera.
Dalle poche informazioni raccolte dal genitore abbiamo anche saputo che Rosetta è nata a casa, che la sua mamma non ha mai visitato una clinica ante-natale per la prevenzione in gravidanza e che la piccola non ha iniziato alcun programma vaccinale, oltre che non essere stata testata per HIV.
Faremo tutto questo noi, che ora l'abbiamo accolta nella piccola famigliola dei nostri orfanelli.


Anche questa bimba viene da Materi e ci è stata presentata da Rita, che ha promesso il sostegno economico per il suo sostentamento: con Rita siamo d'accordo che i tempi in cui Rosetta rimarrà a Chaaria dipenderanno primariamente dalla situazione mentale della mamma: prima di tutto bisogna ora pregare che venga ritrovata; poi bisogna curarla e sperare che la psicosi puerperale non lasci strascichi a lungo termine.
Per adesso comunque diamo il benvenuto a questa bellissima bambina del Tharaka, e promettiamo di prenderci ottima cura anche di lei.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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