giovedì 22 giugno 2017

Una caramellina al termine di una giornata dura

La situazione e' sempre drammatica in ospedale.
Ci sono pazienti ovunque, e soprattutto non si riesce mai a fare tutto.
C'e' sempre chi si lamenta e chi fa rimostranze, senza rendersi conto che lavoriamo quasi 24 ore al giorno, mentre gli ospedali governativi
sono chiusi.
La lista operatoria in genere e' una specie di miraggio, perche' continuamente interrotta dalle emergenze.
I cesarei sono in media 7-8 al giorno.
Questa sera alle 22.30 ero davvero stanco quando ho finito l'ultimo della serie; tra l'altro era stato un cesareo un po' difficile in cui
naturalmente avevo dovuto fare prima la spinale e poi operare.
L'anestesia mi era risalita un po' troppo e ci sono stati momenti di panico quando la pressione scendeva e la donna faceva fatica a respirare.



Ci siamo pero' velocizzati al massimo, ed il maschietto ha subito pianto dopo essere venuto al mondo; ha addirittura fatto la pipi' sul
letto operatorio.
Al termine dell'operazione, mentre aiutavo le ragazze a spingere la barella dalla sala verso la maternita', la giovane mammina di 16 anni
mi ha sorriso a 32 denti e mi ha detto un sonoro grazie che proprio non mi aspettavo.
Poi ha voluto sapere il mio nome, ed io non ho avuto nessuna remora a dirglielo.
Lei allora ha risposto: "Lo chiamero' Joseph, così mi ricorderò sempre di te che mi hai aiutato tanto".
Non so se lo farà davvero perchè qui spesso l'assegnazione del nome e' un processo complesso che riguarda tutto il clan familiare e che in genere deve ricordare uno degli antenati.
Il fatto che comunque la neo-mamma abbia avuto questo pensiero gentile, mi ha fatto davvero piacere.

Fr. Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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