mercoledì 23 agosto 2017

Le ferite da arma da fuoco

Per noi sono abbastanza nuove.
Negli anni scorsi era normale per noi confrontarci con tremende ferite da machete.
Non infrequenti erano i casi di coltellate e pugnalate. Non mancavano di tanto in tanto le frecce.
Ora stanno aumentando i casi di lesioni gravi da armi da fuoco, per lo piu' fucili che sparano cartucce a pallettoni e che quindi creano danni enormi.
Abbiamo avuto fratture ossee da pallottola (femori, omeri), ed in genere si tratta di situazioni difficilissime, con ossa spappolate e gravi infezioni della ferita.
In genere siamo ricorsi sempre al fissatore esterno e solo molto piu' tardi siamo riusciti a fare fissazioni interne con placche o chiodi endomidollari.
I tempi di guarigione sono stati estremamente lunghi e sempre abbiamo dovuto sparare tonnellate di antibiotici per controllare l'immancabile osteomielite.
Negli ultimi dieci giorni abbiamo ricoverato due casi di ferita da arma da fuoco al basso ventre: il primo e' stato un bambino di 10 anni, "sparato" nelle natiche.
La pallottola e' entrata nella parte destra del gluteo ed e' fuoriuscita dal gluteo controlaterale.


Purtroppo c'e' stato interessamento del retto (c'erano feci che fuoriuscivano dai fori cutanei causati dalla pallottola).
Abbiamo quindi dovuto ricorrere ad una colostomia terminale di protezione al fine di permettere la guarigione del retto.
L'intenzione sara' quella di ricanalizzare il paziente tra qualche mese.
Il ragazzo pero' non muove le gambe ed una lastra di oggi ha dimostrato anche una frattura comminuta della testa femorale e dell'acetabolo di destra...che disastri fanno le pallottole nel corpo umano!
Ora il bimbo e' anche in trazione.
Vedremo che chirurgia ortopedica programmare con il Dr Luciano Cara.
Per noi la chirurgia dell'acetabolo e' al di sopra delle nostre competenze
Il secondo paziente e' arrivato domenica scorsa. E' una persona molto anziana che ha perso molto sangue e che abbiamo dovuto trasfondere.
Anche lui e' stato "sparato" nel bassoventre.
Il foro d'entrata era all'altezza del pube, mentre quello di uscita era una enorme voragine sulla natica sinistra.
Lui ha invece riportato fratture comminute del pube che gli hanno distrutto l'uretra.
Inoltre, pure lui ha avuto interessamento del retto, con feci dai fori cutanei.
Anche nel suo caso e' stato necessario procedere a colostomia terminale di protezione. Non siamo invece riusciti a trovare la via per cateterizzare il paziente per via uretrale. La pallottola, oltre alla frattura pubica ha causato infatti false vie verso lo scroto. La vescica, seppur piena di ematomi, era miracolosamente integra.
Ci siamo quindi decisi a ricorrere ad un catetere sovrapubico che il paziente si terra' per un po' di mesi...in attesa che qualche chirurgo piu' esperto di me provi a rifargli l'uretra. Ovviamente, sperando che sopravviva, il mio pensiero va a Pietro, che di situazioni del genere ne ha risolte parecchie qui a Chaaria.
La chirurgia da arma da fuoco e' per me nuova ed inquietante.
Porta con se' problemi difficili da gestire: i tessuti in genere non sono solo lacerati ma praticamente ustionati; le infezioni sono assicurate e solitamente gravissime.
Ora sto incrociando le dita per questi due pazienti che ho in reparto.
Il primo mi fa molta pena perche' e' un bambino, sparato mentre era al pascolo da ladri di bestiame senza scrupoli.
Pure il secondo e' un pastore; mi fa tenerezza perche' e' un vecchietto ultrasettantenne, sparato anche lui dai ladri di bestiame.

PS: la foto l'ho scattata domenica pomeriggio alle 16 in ambulatorio.
Ormai non c'e' piu' soluzione di continuo, sette giorni alla settimana e ventiquattr'ore al giorno. Siamo un po' stremati.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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