mercoledì 18 ottobre 2017

Chaaria, Ospedale carcerario

Quello che lo sciopero sta significando a motivo degli ospedali pubblici chiusi, include anche il fatto che da mesi il carcere di Meru non ha piu' un punto di riferimento per le cure sanitarie dei carcerati, se non Chaaria.
Prima si rivolgevano all'ospedale di Meru, ora praticamente non funzionante.
Da molto tempo siamo stati scelti dalla casa circondariale come il loro ospedale di scelta...ovviamente per i nostri prezzi stracciati.
Ci mandano malati in genere gravissimi che richiedono ricovero. Sono infatti pochissimi i pazienti ambulatoriali.
Coloro che richiedono ricovero, sono sempre piantonati e spesso anche ammanettati al letto.
Abbiamo guardie carcerarie armate in ospedale 24 ore al giorno, e spesso accompagnano i loro pazienti fino alla porta della sala operatoria.
Quasi sempre siamo riusciti a salvare questi poveretti privati della liberta', ma alcuni di loro sono anche morti, vuoi per crisi ipertensive incontrollabili, vuoi anche per ferite da pugnale inferte loro Dio solo sa come.


Abbiamo anche avuto una donna che ha partorito il suo bambino sotto gli occhi vigili delle "secondine" armate.
Quando vedo questi ammalati ammanettati alla testiera del letto provo solo tanta tristezza. Magari sono dei criminali incalliti, ma ora appaiono indifesi, confusi ed anche umiliati dalla loro divisa carceraria che devono indossare pure in ospedale.
Le guardie in genere sono rispettose e gentili verso di noi. Sono sempre in gruppo, ma sono una presenza discreta e quasi invisibile, se non fosse per la tuta mimetica ed il mitragliatore, che un po' di timore comunque lo infondono anche a noi.
Pure questo e' un nuovo orizzonte apertoci dal periodo convulso che stiamo vivendo da mesi.

Fr Beppe


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....