lunedì 22 ottobre 2018

Avvelenamenti

Stasera dopo cena l'ambulatorio è gremito.
Ci sono due pazienti da suturare dopo essere stati assaliti con la panga (eventualità frequentissima, soprattutto nel week end, a causa dell'alcool), ed in più è arrivata una famiglia intera (papà, mamma ed un bambino) con storia di avvelenamento.
Abbiamo cercato di farci spiegare da altri membri del parentado che cosa fosse successo, ma la cosa non risulta molto chiara: per me sarebbe assolutamente necessario capire se ci troviamo di fronte ad una tossinfezione alimentare o ad un avvelenamento da organofosforici.
La terapia è infatti diversa.
Ho cercato di farmi capire chiedendo che cosa avessero assunto. La risposta è stata: una purea di fagioli. Avevano addirittura portato un piatto con un po' di quel cibo. Ho quindi pensato ad una tossinfezione alimentare.
Poi però uno dei parenti ha specificato che il veleno era stato aggiunto agli alimenti da qualche nemico, ma che essi non sapevano che tipo di sostanza potesse essere.
Si tratta quindi di un tentativo di omicidio di una intera famiglia, e non di cibo avariato. 


Ho immediatamente riportato il caso alla polizia ed ho dato le necessarie istruzioni al personale della notte per la lavanda gastrica e per il protocollo terapeutico che normalmente applichiamo per gli avvelenamenti in genere. 
Non sapendo di che veleno si tratta, applicheremo il protocollo generale.
Stanno tutti molto male, soprattutto il bambino.
Davanti a certe situazioni, anche se mi fanno pena tutti, non posso fare a meno di chiedermi perchè un bimbo debba soffrire e debba essere vittima di un tentato omicidio, pur non sapendo nulla delle inimicizie degli adulti.
Lo so che per questa domanda non ci sono risposte e che la cosa migliore è continuare a lavorare per tentare di salvarli tutti.
La polizia poi farà le sue indagini.

Fr Beppe Gaido


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....