domenica 25 novembre 2018

Una vita salvata

Sono le 22.30 e sono stanchissimo.
Sto per lasciare l'ospedale e mi auguro una bella doccia ed un sonno ristoratore.
Ma il suono di una sirena perfora il silenzio della notte.
E' ancora lontana ma lo so benissimo che non puo' andare da nessun'altra parte.
Rimango in sala di attesa per alcuni minuti, con un umore che va dal disperato, all'arrabbiato, al depresso: "ma perche' devo essere sempre di guardia sette giorni alla settimana?"
La risposta la conosco bene: non possiamo permetterci un altro medico di notte, costa troppo...e poi bisognerebbe avere sempre anche l'anestesista di chiamata, oltre che le infermiere della sala, i laboratoristi, ecc.
Lo so che non possimao permettercelo, ma a volte sono stanco e non ce la faccio piu', e le domande me le faccio lo stesso pur conoscendone la risposta.
La sirena in pochi minuti diventa assordante.
Poi appare nel cielo nero una luce ondulante rossa che manda lingue di fuoco sulle chiome degli alberi, ed infine dal cancello vedo entrare
il veicolo. La sirena si ferma, ma il lampeggiatore continua ad abbagliarci per alcuni secondi.
Scendono infermieri concitati e scaricano la paziente.
Viene da una maternita' rurale e per raggiungerci l'ambulanza ha sfidato strade bruttissime e pericolose in questa stagione delle piogge.


La paziente e' in shock emorragico: non ha pressione ed e' anemicissima.
La sua pancia e' dolente come se avesse una peritonite.
L'ecografia mi indica una gravidanza ectopica.
Chiamo Jesse e Lucia.
Nel frattempo io faccio emocromo e gruppo in laboratorio.
La donna ha 4 grammi di emoglobina ed e' di gruppo zero positivo.
Abbiamo una sacca compatibile in emoteca, l'unica rimasta.
La paziente e' stata davvero fortunata e puo' essere subito trasfusa.
Entriamo in sala prima di mezzanotte.
L'intervento e' difficile a causa di molte aderenze, ma ce la caviamo abbastanza bene.
All'una di notte la donna e' in reparto con pressione discreta e con il sangue ancora in corso.
Sta benino ed e' sotto analgesia.
E' stata dura per me, ma certo questa donna non sarebbe arrivata al mattino se non avessimo operato subito...un'altra vita salvata!
Ci sono ancora poche ore prima dell'alba e mi auguro di poter dormire un po' senza essere chiamato nuovamente.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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