domenica 23 dicembre 2018

In ospedale

Nonostante non ci siano stati i lunghi scioperi della sanita’ che hanno caratterizzato il 2017, anche quest’anno abbiamo lavorato molto.

Sono aumentati i ricoveri, i malati, ma soprattutto e’ aumentata la complessita’ delle nostre prestazioni, ed in tal modo abbiamo potuto dare risposte ad un numero sempre piu’ elevato esempre piu’ complicato di problematiche sanitarie.
Anche per il 2018 sottolineo l’aumento esponenziale dei casi di ortopedia e di traumatologia a cui abbiamo dato risposta immediata soprattutto grazie alla collaborazione con Sign Fracture Care International.
Naturalmente questo ha avuto un grosso costo umano di stanchezza e di dedizione sia di giorno che di notte, sette giorni alla settimana.
Umilmente affermo che il peso e’ caduto soprattutto sulle spalle mie e di Fr Giancarlo.
Tale affluenza ha anche causato una cronica carenza di letti, ed il ricorso quasi costante a due pazienti per letto, soprattutto nel reparto uomini.
L’unico reparto in cui siamo stati a volte parzialmente vuoti e’ stata la pediatria.
Non posso negare che un numero cosi’ alto di clienti, unito alla scarsita’ del personale soprattutto medico ed infermieristico, abbia causato a volte un servizio non proprio di eccellenza; ci siamo comunque donati al massimo delle nostre forze.


Altro problema che sempre ci attanaglia e’ l’instabilita’ del personale sanitario che ha un altissimo turn over: questo significa che sovente, quando hai formato una persona ad un particolare settore, poi vieni a sapere che se ne andra’ quasi subito. Nel 2018 abbiamo perso molti infermieri e due clinical officers veramente centrali per il servizio.
La maternita’ ha lavorato bene con ritmi sempre piuttosto alti.
Un settore in cui i numeri sono ulteriomente cresciuti rispetto all’anno scorso e’ quello dell’endoscopia digestiva, dove abbbiamo superato le 550 prestazioni.
L’impegno rimane costante.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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