martedì 5 marzo 2019

Ma allora ne vale ancora la pena!

L'uomo nella foto lo abbiamo operato sei mesi fa per una tremenda frattura comminuta del femore prossimale.
Ricordo che era stato un intervento difficile e che temevamo che per lui non ci fosse possibilita' di una ripresa completa.
Oggi lo abbiamo visitato per l'ultimo controllo post-operatorio.
Il paziente era strafelice e non solo poteva rannicchiarsi di fronte a noi per dimostrarci la piena funzionalita dell'articolazione dell'anca, ma si e' addirittura messo a saltellare.
Davvero una bella soddisfazione ed un incoraggiamento ad essere forti ed a continuare a credere che quello che facciamo ha ancora un senso.
Questa mattina presto poi ho operato un gozzo davvero enorme. Non volevo farlo ma la paziente non aveva soldi per farsi operare altrove. Ho avuto tanta paura.
La donna non ha sanguinato in sala, ma c'e' sempre il timore di averle lesionato i nervi ricorrenti.


Poco fa sono andato a vederla, tanto per sincerarmene.
Era gia' sveglia.
Come al solito dopo una tiroidectomia totale, mi sono avvicinato a lei e le ho chiesto con timore: "come ti chiami?"
Lei ha risposto con voce relativamente forte, considerando l'anestesia del mattino: parlava bene, i nervi laringei sono quindi intatti.
Ringraziamo il Signore!
Anche considerando l'esito di questa tiroidectomia totale, cerco di incoraggiare me stesso e di ripetermi; "guarda che ha ancora un senso quello che fai!"
Osservando poi i reparti, stasera li ho visti super-pieni: due pazienti per letto sia dagli uomi che dalle donne; la pediatria e' anche affollatissima.
Una possibile visione di questi reparti potrebbe essere quella che si tratti di una accozzaglia di letti e di gente ammucchiata a cui offriamo un servizio decisamente povero.
Ma e' anche possibile pensare che, se tante persone vengono da noi, e' perche' il bisogno e' davvero tanto, ed insieme e' perche' da noi ricevono i servizi che essi si attendono...se no, di certo non accetterebbero una situazione abitativa del genere.
Anche su questo punto cerco di incoraggiarmi a pensare che quello che facciamo ha comunque ancora senso.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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