venerdì 29 maggio 2009

Support Group



Nell’ambito delle nostre attività a favore dei portatori di HIV, da 11 mesi abbiamo dato vita al “Support group for people living with HIV” (gruppo di supporto per i portatori di HIV).
Al momento abbiamo 70 persone iscritte al gruppo: sono tutti sieropositivi in terapia presso il nostro ospedale.
I fini dell’ iniziativa sono molteplici:
Il principale e’ sicuramente quello di creare una rete di aiuto finanziario per persone di per se’ in gravi difficolta’ economiche, proprio a causa della malattia, dello stigma e delle alte spese per le terapie necessarie al mantenimento della loro salute.
I membri collaborano con una cifra di 100 scellini al mese, e, quando possibile, la somma raccolta viene divisa tra tutti per l’acquisto di qualcosa di utile, o magari per pagare una spesa ospedaliera imprevista.
Nel meeting che abbiamo avuto oggi, presso il campetto di pallavolo dei Fratelli (vedi foto), abbiamo optato per l’acquisto di una capra per ciascun aderente al gruppo: il latte caprino e’ infatti molto nutriente ed ottimo per sostenere l’organismo di questi pazienti. Abbiamo anche destinato una somma di denaro per procurare un tank di raccolta per l’acqua piovana a ciascuna famiglia: questo per evitare alle donne, già deboli per il virus, la fatica di andare tutti i giorni al fiume a raccogliere l’acqua.
Altri scopi del gruppo sono tesi a coscientizzare la comunita’ sul problema dell’AIDS, a ridurre lo stigma, e a far uscire i pazienti dalla loro situazione di isolamento.
Alcuni di loro ci aiutano nelle attivita’ di counseling e prevenzione, sia all’interno dell’ospedale che in vari seminari da noi organizzati in parrocchia.
E’ una bella iniziativa, non strettamente sanitaria ma certamente utile per il benessere complessivo di questi malati.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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