sabato 17 ottobre 2009

Priscilla

Sono stata ricoverata in ospedale per piu’ di 4 mesi, a causa di un diabete scompensato che ha causato un terribile piede Priscilla.jpgdiabetico. Ho avuto una osteomielite che continuava a salire dal piede verso la gamba. Il dottore mi ha proposto a lungo la amputazione, ma io rifiutavo sempre perche’ pensavo che tale operazione mi avrebbe fatto morire. Invece mi sono poi accorta che sarei morta se non avessi accettato l’intervento.
Ora le mie glicemie sono sotto controllo, ed il mio moncone e’ quasi rimarginato.
Il problema vero e’ che non sono sposata, la mia mamma e’ morta, ed il mio babbo e’ anziano e fa fatica a tirare avanti con un piccolo pezzo di terra. Ha davvero tanti problemi a pagare per le cure che mi hanno riservato e per quelle che mi saranno necessarie in futuro.
Ora voglio provare ad andare a casa, usando le stampelle che il Cottolengo Mission Hospital mi ha preparato e regalato. Piu’ avanti vedremo se sara’ il caso di pensare ad una protesi. So che la Provvidenza mi mandera’ un buon samaritano anche per questo. Devo solo aspettare per altri sei mesi perche’ ho ancora una goccina di siero che esce dalla ferita.
Desidero ringraziare Luca Cremasco ed i suoi parenti ed amici, per averci aiutato a pagare completamente tutte le spese ospedaliere e per averci lasciato una cifra di denaro che ci permettera’ di comprare l’insulina per vari mesi. Parte dell’offerta l’abbiamo gia’ messa da parte per l’arto artificiale.

Priscilla

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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