giovedì 26 novembre 2009

Al Congresso Chaaria è stata molto apprezzata

Qui a Mekele sono presenti medici e Professori da 16 Nazioni, tra cui Italia, USA, Svezia, Inghilterra, Germania, Slovenia, Iran, Pakistan, India, Australia, Olanda, Slovacchia, Tanzania, Zimbabwe, Kenya, Etiopia.
Tutti hanno apprezzato la mia semplice presentazione sui casi dermatologici piu' complicati di Chaaria.
Molti hanno espresso il desiderio di rimanere in contatto e di aiutarci nella diagnosi delle patologie dermatologiche piu' difficili.
Il centro di alleviamento della poverta' del San Gallicano di Roma, mi ha accennato alla possibilita' sia di mandare dermatologi a Chaaria per la nostra formazione, sia di ospitare un nostro infermiere a Mekele per due mesi, al fine di dargli un training dermatologico intensivo. Inoltre saranno disponibili alla diagnosi telematica se invieremo loro delle foto.
E' molto bello sperimentare questa fraternita' scientifica tra persone di cosi' diversa estrazione culturale e geografica, oltre che di credo religioso. Quello che accomuna tutti in questo congresso e' il desiderio di aiutare i piu' derelitti ed abbandonati.
Non ho sentito alcuna difficolta' a comunicare con persone che provengono da Continenti diversi, perche' tutti abbiamo un ideale che ci accomuna, pur in diverse situazioni di vita.
Al convegno sono presenti anche giornalisti, alcuni di radio Vaticana, ed insieme questa mattina abbiamo avuto un commovente momento di preghiera al cimitero dei caduti italiani qui a Mekele. Qui nessuno si vergogna della propria fede: ne' i cristiani, ne' i musulmani... e tutti sanno che sono un Fratello.


Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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