venerdì 11 dicembre 2009

Grazie di cuore ai volontari sardi!


Ancora una volta il tempo è passato velocissimo ed i nostri amici di Cagliari ci devono lasciare domattina all'alba. Nel nostro cuore nasce una sola parola: grazie.

Abbiamo lavorato tantissimo, e credo che insieme abbiamo fatto qualcosa per questa popolazione che gravita attorno a Chaaria per i suoi bisogni di salute. Gli interventi sono stati tantissimi. In sala operatoria con Franco e Luciano non abbiamo mai finito prima delle 8 di sera. Ci siamo stancati. Ma alla fine siamo stati tutti contenti.


Naturalmente non intendiamo sottovalutare l' ottima collaborazione ed il grande apporto di Roberto, in neonatologia e pediatria. Non posso non lodare il grande impegno delle giovani dottoresse specializzande in fisiatria e ortopedia.


E, ultima della lista, ma non certo la meno importante, vorrei citare l'amore con cui gli orfani sono stati assistiti dalla collega infermiera. A tutti il nostro grazie. Certo che "si pensava di dare, ed invece si è ricevuto".

Certo che il Signore vi ripagherà ampiamente. Ma ora accogliete anche la nostra preghiera ed il nostro ringraziamento.
Con amicizia.



La comunità di Chaaria







Nella tabella allegata vi diamo un esempio del carico di lavoro rappresentato dalla chirurgia nei giorni dal 1° dicembre ad oggi... e poi immaginate tutto il resto.


Per la legenda dei dati ricordo che C/S vuol dire cesareo. D/C significa raschiamento uterino. I and D sta per incisione e drenaggio di un ascesso.




D/C
4
HERNIA
3
ORCHIDOPEXIS
3
HEMORRHOIDS
2
HYSTERECTOMY
2
MANUAL REMOVAL
2
WIRING REMOVAL
2
AMPUTATION
1
CYSTO-LYTOTOMY
1
I and D
1
LIPOMA
1
MYOMECTOMY
1
OSTEOMA
1
SKIN GRAFTING
1
SPHINCTERECTOMY
1
SURGICAL TOILET
1
SUTURE SCALP
1
TENORRHAPHY
1

total


111



Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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