martedì 8 dicembre 2009

Sono le 23 e finalmente provo ad andare a cena...

... E' stata una settimana convulsa, quella che mi ha accolto a Chaaria dopo la salutare pausa rappresentata dal Congresso a Mekele. Tanti chirurghi, e soprattutto tanti interventi. Un numero di pazienti ben superiore a quello che normalmente osserviamo in questo periodo dell'anno. Un esercito di ragazzini che si fanno ricoverare per la circoncisione tradizionale. Una maternità sempre scoppiettante e piena di gioie e di dolori: oggi per esempio abbiamo avuto parti e nuove vite, ma abbiamo anche ricoverato due donne con feti morti nella pancia, a causa del solito killer delle nostre zone, cioè la malaria. Una giovane donna ha già partorito il suo feto nato-morto, ed ha pianto tanto. L'altra è ancora sulla barella che si contorce e versa lacrime... non sai se  a causa delle contrazioni o della pena derivante dalla coscienza di avere in grembo una creatura senza vita.
La sala operatoria è massacrante. A volte anche la fortissima Kanyua non ce la fa più, e si accascia su una sedia, con un bicchiere pieno di the e lo sguardo perso nel vuoto.
Oggi, tra le tante esperienze avute con i malati, ne voglio condividere una: vi voglio parlare di Priscilla che è sieropositiva, e sa di esserlo. E' venuta per una sintomatologia addominale che a prima vista poteva sembrare appendicite acuta.
Naturalmente le abbiamo proposto l'intervento urgente, ma lei si è premunita di ricordarci il suo stato, e ci ha detto che avremmo corso dei rischi nel fare l'operazione. Mi ha fatto una grande tenerezza. Invece di pensare ai pericoli che lei stessa avrebbe corso (dall'anestesia, all'atto chirurgico in sè), lei si è preoccupata di noi.
Le abbiamo risposto che per noi l'HIV non è certo un deterrente, perchè  siamo qui per servire tutti. Lei non ha parlato, ed ha risposto con un sorriso a centottanta gradi.
Purtroppo però il suo stato immunitario l'ha predisposta a condizioni in sè strane e molto rare. Aperto l'addome, abbiamo con nostra sorpresa trovato l'ultima ansa ileale molto indurita. Abbiamo quindi continuato a cercare il cieco, ed abbiamo scoperto che anch'esso era edematoso ed estremamente friabile. Sul peritoneo c'erano delle maccioline bianche, che avrebbero anche potuto far pensare ad una carcinosi peritoneale. Luciano, forte della esperienza occidentale, subito pensa al morbo di Crohn o ad un carcinoma del colon. Nella sua testa balena l'idea di una emicolectomia, pur essendo un intervento molto rischioso nella nostra sala operatoria. Poi però notiamo dei linfonodi sul mesentere: "Prendiamone uno e mandiamolo in laboratorio".
Mentre facciamo il lavoro, Jesse sbircia nella pancia, e, con la sua decennale esperienza di sala operatoria in Africa, abbozza una diagnosi: "Per me si tratta di tubercolosi intestinale".
Togliamo il linfonodo; lo mandiamo ai nostri biologi i quali lo sezionano e vi trovano materiale caseoso. Lo fissano rapidamente con la colorazione di Ziel Nielsen... ed ecco che trovano decine di micobatteri della TBC.
Stiamo quasi finendo la sutura della cute quando arriva il foglietto in sala. Jesse sorride soddisfatto mentre lo legge.
Il commento di Luciano è semplice: "qui è proprio una medicina completamente diversa rispetto all'Italia".

Fr Beppe

Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....