mercoledì 28 aprile 2010

Un'altra Africa - Testimonianza di una volontaria appena rientrata da Chaaria


"Un'altra Africa", una frase che affermo molto spesso in questi giorni, nel racconto del mio viaggio...
Già un'altra Africa, nel mio modestissimo paragone con un'altro pezzo di Africa, il Madagascar che ho potuto assaporare lo scorso anno. Non è un vero paragone, sono piccole considerazioni su quanto tendiamo a generalizzare quando si parla d'Africa. Mi piace vedere quanto un popolo è il frutto della sua storia, nei suoi lati più belli e purtroppo più scuri, quanto dei colonizzatori europei, Inglesi e Francesi, abbiano potuto lasciare i segni in un territorio così sconfinato e diverso nel suo interno. Pezzi d'Africa conquistati e sfruttati dall'uomo europeo,che per forza visiva viene visto nel suo colore: BIANCO.
Io che porto dei tratti somatici fin troppo nordeuropei...non posso mai vantare il piacere di confondermi con questa popolazione. Per quanto dismessa, celata e nascosta, la mia diversità salta negli occhi di chiunque mi incontra; dal bambino, all'anziano, dal colto all'analfabeta. Gli occhi di chi mi guarda hanno sempre una prima informazione: ho qualcosa di più, di materiale o puramente ipotetico, racchiuso in una possibilità. Nonostante questa consapevolezza non rinuncio mai alle passeggiate fra la gente, i miei tentativi solitari di confondermi fra loro. Amo guardare: chi si ferma e mi osserva; chi cambia strada e dopo aver preso una scorciatoia lo rivedo davanti a me; lo sguardo sbigottito,di donne chine a terra dal troppo peso che trasportano, quando gli propongo di far portare quel fardello ai rispettivi mariti che invece camminano leggeri e spavaldi al loro fianco; le lacrime di dolore di una madre sola che dormirà per la prima notte senza suo figlio rapito dalla malaria; lo sconforto di una giovane donna che dopo un'intervento chirurgico saprà di valere poco perchè sterile, o avere l'onore di accompagnare in sala operatoria un'anziana samburu, che mostrava ad ogni passo la fierezza di un rapporto simbiotico con la natura.
Africa una parola che riempie la bocca di molti ma che racchiude un universo di verità... troppo spesso taciute.
Un'Africa che, se la si fà avvicinare, sà regalare delle sfumature di cuore che restano per sempre.

Giusy Patata

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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