giovedì 27 maggio 2010

Un sentito ringraziamento

E’ ormai conclusa la nuova costruzione che ci e’ stata donata completamente da una partnership tra il governo del Kenya e la associazione italiana “for a smile”.
Inseriro’ la foto sul blog domani, in quanto oggi ho problemi di spedizione.
Ma gia’ da questo momento desidero esprimere il nostro piu’ sentito ringraziamento al parlamentare kenyota rappresentante la nostra area, onorevole Gitobu Imanyara, che ha fortemente voluto lo stanziamento di denaro che ha permesso l’ avvio della costruzione. 
L’ onorevole Imanyara ha posto il progetto per il nostro ospedale nei piani di sviluppo della zona, devolvendo a nostro favore dei fondi dal CDF (Constituency Development Fund).
“For a smile” ci ha sponsorizzato per il completamento del progetto. Anche a questa associazione esprimiamo la nostra piu’ sentita riconoscenza. Insieme a “for a smile” vogliamo ringraziare anche il dott Giorgio Carbone, che e’ stato il tramite tra noi e loro.
In tale nuovo stabile intendiamo trasferire alcuni ambulatori.
Prima di tutto desideriamo dare una sede fissa all’oculista che fino ad oggi ha sempre dovuto lavorare in ambulatori di fortuna, montando e smontando i suoi “marchingegni” ogni volta che viene a Chaaria.
Ora potremo dare un posto disso sia al fontifocometro, sia alla lampada a fessura che speriamo di ricevere presto con un prossimo container.
Inoltre nella nuova struttura si trasferiranno i due clinical officers: anche questo e’ un fatto assai significativo nella linea della personalizzazione del servizio.
Come sapete infatti, al momento i clinical officers visitano entrambi nella “room 9”, separati semplicemente da una tenda. Lo stesso avviene per gli infermieri che lavorano in due nella “room 2”.
Tale situazione e’ stata fino ad ora inevitabile a motivo nella nostra cronica carenza di spazi, ma non e’ mai stata ottimale. La tenda puo’ anche garantire un minimo di privacy nel campo del “vedere”, permettendo ad un paziente di svestirsi senza essere visto da un altro malato... ma in quanto al “sentire” e’ un vero disastro, dal momento che puo’ succedere che una donna debba spiegare al curante problemi di carattere ginecologico nello stesso momento in cui, dall’altra parte della tenda, un anziano signore espone le sue problematiche urologiche ad un altro sanitario.
Ora metteremo un infermiere a visitare in “room 2” ed un altro in “room 9”, mentre i clinical officers avranno ognuno il proprio studio... ponendo fine in tal modo a questa brutta carenza di privacy che ci ha accompagnati per anni.
La migrazione dei clinical officers alla nuova sede inoltre decongestionera’ ulteriormente il corridoio e la sala di attesa del dispensario dove ora spesso non si riesce neppure a passare.
In un’altro locale inoltre ricaveremo uno studio per i medici volontari italiani, i quali fino ad oggi sovente hanno usufruito della stanza addetta alla diagnosi della TBC, come ambulatorio improvvisato. Anche questa situazione e’ durata moltissimo tempo per mancanza di locali, ed ha creato situazioni psicologiche talvolta pesanti dal momento che molti pazienti, leggendo “TBC room” sulla porta rifiutavano di entrarci per paura di infettarsi. Ma ora finalmente pure tale problema pare trovare una soluzione.
C’e’ ancora una piccola stanzetta, un po’ buia, che pensavamo di usare come locale privato per quei malati che richiedono la confessione o il colloquio con il cappellano.
A nome di tutti i Fratelli e le suore di Chaaria ripeto ancora il nostro grazie per questa bella cooperazione italo-kenyota.
Come sempre esprimiamo anche il nostro grazie a Dio che sempre si prende cura di noi anche attraverso strade a volte molto contorte.

Fr Beppe Gaido  

PS: la mia giornata oggi e’ totalmente dedicata a mia sorella che e’ stata operata al seno presso la ginecologia dell’ospedale Santa Croce di Cuneo. Ringrazio il Signore per il buon esito dell’intervento.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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