venerdì 28 gennaio 2011

Sul ponte sventola bandiera bianca... sarda

Dopo un periodo veramente eccezionale di intenso lavoro giorno e notte, di collaborazione fraterna e cordiale e di gioiosa vita comunitaria, stamattina alle 5.30 abbiamo salutato gli amici Luciano, Francesca, Rinaldo, Antonella, Alessandra e Nietta.
Sono stati un gruppo eccezionale: abbiamo veramente goduto della loro presenza oltre che del loro lavoro con noi. Che Dio li benedica.
Non ci sono pero’ state cerimonie per ammainare la bandiera sarda che ancora sventola gagliarda in attesa dei nuovi arrivi dall’Isola in serata. Infatti la Sardegna regnera’ sovrana tra i volontari di Chaaria, almeno  fino all’inizio di aprile. 
Oggi attendiamo Roberto (pediatra e neonatologo), Luciano Cossu (chirurgo), Gerardo (chirurgo)  e Paolo (volontario per la manutenzione).
Sappiamo che per tutti ci sara’ lavoro: Roberto ha la pediatria piena e la “nursery” traboccante di bimbi pretermine. Luciano e Gerardo collaboreranno con Max e continueranno la sua opera quando egli ci lascera’ il 2 febbraio. Paolo ha gia’ un fitto programma di lavoro in vari ambiti dei servizi generali della Missione.
Ancora grazie a chi e’ partito e benvenuto a chi arriva.
Colgo l’occasione per comunicare che da oggi il gruppo di Luciano Cara non sara’ piu’ chiamato “volontari sardi” su questo blog; bensi’ sara’ identificato con la loro denominazione ufficiale: gruppo “Karibu Africa”.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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