Prima di tutto grazie per essere venuti ad
aiutarci a Chaaria.
La ragione di questo scritto e’ di darvi
qualche indicazione che possa aiutarvi a comprendere meglio gli infermieri
kenyoti con cui vi troverete ad operare.
Prima di tutto tenete conto che in questo
momento la maggior parte dei vostri colleghi africani e’ estremamente giovane:
quasi tutti hanno appena terminato la scuola ed alcuni di loro addirittura sono
ancora studenti. E’ quindi normale che siano molto inesperti!
Altro elemento che necessariamente si associa alla loro giovane eta’ e’ il
fatto che essi tendono a non voler rimanere a Chaaria per lungo tempo: sovente essi desiderano ancora
specializzarsi, oppure cercano ospedali meno rurali e meno duri di Chaaria.
Cio’ comport a il fatto che il turn over e’ altissimo, e la vita media di un
infermiere nel nostro ospedale e’
talvolta inferiore ad un anno. Questo crea disagi non da poco anche a noi, in
quanto, quando hanno imparato delle cose ed hanno iniziato ad assumersi
responsabilita’, poi ci lasciano… portandosi con se’ il patrimonio di
esperienze che nuovamente dobbiamo cercare di trasmettere ai nuovi venuti.
Chiediamo quindi agli infermieri italiani
tanta pazienza ed anche un occhio di comprensione nei confronti delle nostre evidenti carenze nel campo del
nursing.
Ci sono pero’ alcuni infermieri “storici”
che con il loro patrimonio di esperienza possono essere un vero punto di
riferimento anche per I volontari italiani, sia nel reparto di medicina
generale, sia in quello della pediatria-maternita’.
Il punto centrale e’ il fatto che gli infermieri italiani che
vengono a Chaaria per due o tre settimane si devono prima di tutto mettere in
un atteggiamento di umilta’ e di collaborazione. Noi europei ci rechiamo in
Kenya sostanzialmente per aiutare e per collaborare, sforzandoci innanzi tutto
di essere accolti e di farci accettare. Solo quando siamo riusciti a farci
conoscere ed amare, poi potremo tentare di insegnare delletecniche con la speranza che gli infermieri
kenyoti accettino ed apprezzino. Chi si pone dal primo giorno in atteggiamenti
ipercritici, con il pensiero che tante cose vanno cambiate nel nostro modo di
lavorare, si espone al rischio di essere rifiutato dal nostro staff di Chaaria
che si sentira’ poco apprezzato, erigendo quindi dei muri di divisione e di isolamento attorno al nuovo
arrivato.
Il mio consiglio e’ che prima il volontario
si ponga semplicemente al loro fianco; cerchi di diventare loro amico… e poi ,
quando questo rapporto si cementa pian piano, saranno loro a chiedere: “ma voi
questa cosa come la fate in Italia?”
Il volontario deve poi considerare le
differenze di formazione tra infermieri italiani e kenyoti: essi studiano tre
anni e mezzo, piu’ o meno come in Italia. Il loro curriculum e’ pero’ molto
diverso.
Ammetto che probabilmente essi sono piu’
carenti degli italiani riguardo alla formazione nursing: il prendersi cura del
benessere totale del paziente, il suo igiene personale, la cura e la prevenzione
dei decubiti sono sicuramente un po’ carenti nello staff di Chaaria, e quindi
questa e’ un’area in cui I volontari possono certamente avere un impatto che
porti ad un miglioramento. Ma ripeto che cio’ non si realizzera’ con un
atteggiamento di superiorita’ e di critica nei confronti del personale
africano. Il miglioramento potra’ pian piano avverarsi con tempi forse biblici
o evoluzionistici, ma si compira’ in modo sostenibile e continuativo solo se i
nostri infermieri saranno stati convinti pian piano da persone coerenti ed
umili, che parlano poco ed invece insegnano molto con l’umile e costante
esempio della vita. Fare critiche aperte o lezioni estemporanee sul modo di
lavorare quasi mai ottiene un effetto positivo… anzi puo’ essere deleterio, in quanto
certamente essi non daranno alcun ascolto a docenti mai conosciuti prima, che
passano da Chaaria come meteore, che si pongono su un piedistallo di
superioita’ e magari danno lezioni in italiano od in un inglese a dir poco
stentato. Per questo il mio consiglio agli infermieri volontari e’ il seguente: lavorate con loro, diventate loro
amici… ed aspettate che siano loro a farvi domande sul vostro modo di lavorare.
Certamente anche la sterilita’ e l’igiene
sono un punto di carenza dei nostri infermieri. Pure da questo punto di vista
gli infermieri italiani possono apportare grandi miglioramenti, ma lo devono
fare in modo prudente, proprio come ho descritto sopra.
Vedrete mettere dei cateteri con tecniche
non sterile. Se lo dovete fare voi, usate tutta la sterilita’ che e’ propria
del caso… il vostro comportamento creera’ in loro delle domande, e, se il
vostro modo di lavorare e’ a loro piaciuto, poi vi imiteranno. Lo stesso vale
per le garze sterile, le medicazioni e via dicendo.
Oggi mi fermo qui. Continueremo il discorso
spero domani sui tantissimi pregi e sulle eccezionali qualita’ che i nostril
infermieri africani hanno, e su cui credo anche loro abbiano qualcosa da
offrire agli italiani. Si tratta infatti a mio parere di uno scambio
intercultural, e non di un movimento a senso unico.
Fr Beppe Gaido
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